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Platone
Il Fedone

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  • V
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V

«Rispondi così ad Eveno, caro Cebete; salutamelo e digli che, se è saggio, mi segua al più presto possibile. Io me ne vado, oggi, a quel che sembra: così vogliono gli ateniesi

E Simmia: «Che bell'invito che fai a Eveno, Socrate! Molte volte io mi sono intrattenuto con lui e, in verità, da quello che mi è parso, non penso sia disposto ad accettare il tuo consiglio

«Ma come, Eveno non è forse un filosofo

«Lo è, credodisse Simmia.

«E allora, vedrai che non chiederà nulla di meglio che seguirmi e, insieme con lui, ogni altro che si occupa degnamente di queste questioni. Che però non faccia violenza a se stesso, perché questo, come dicono, non è lecito

Mise giù le gambe dal letto e, restando seduto, continuò a parlarci. E Cebete, a un tratto, gli chiese: «Com'è questo fatto, Socrate, che, da un lato dici che non è permesso farsi violenza e, dall'altro, che il filosofo non chiede di meglio che seguire chi muore?» «Ma come, Cebete, tu e Simmia non avete già sentito simili discorsi alla scuola di Filolao

«Sì, Socrate, ma nulla di preciso, però.»

«Ma anch'io parlo per sentito dire; tuttavia nessuno mi impedisce di riferirvi quello che ho udito, tanto più che mi sembra cosa assai naturale, per chi sta per andarsene all'altro mondo, indagare e fantasticare su questo viaggio e come egli se lo immagina. E poi, cosa potremmo, fare di meglio, in tutto questo tempo, fino al tramonto




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