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Platone Il Fedone IntraText CT - Lettura del testo |
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XIV Così concluse Socrate e Cebete, intervenendo: «Benissimo, Socrate, anch'io son d'accordo con te su molte cose, ma per quel che riguarda l'anima, a mio avviso, gli uomini restano alquanto scettici, perché pensano che, una volta separatasi dal corpo, essa non abbia più esistenza alcuna, che anzi si dissolva e perisca nell'istante in cui l'uomo muore; temono, insomma, che nel momento in cui si distacca dal corpo, se ne voli via come soffio di vento o un po' di fumo, così, dissolta nel nulla. «Se fosse vero, invece, che essa si rifugiasse in qualche luogo, tutta raccolta in sé e libera da quei mali che tu, or ora, hai elencati, oh, allora, che bella e grande speranza nascerebbe dalle tue parole. Quindi, occorre, senza dubbio, una prova, e non è cosa facile, per dimostrare che l'anima non solo continui ad avere una sua esistenza, anche dopo la morte del corpo, ma pure una sua forza vitale, una sua capacità intellettiva.» «È vero, Cebete. E allora, cosa vogliamo fare? Vuoi che discutiamo di questo argomento per vedere se la questione è degna di fede o meno?» «Sicuro. Sarei proprio contento di sapere quali sono le tue idee in proposito.» «Ed io penso che non vi sarà nessuno che, ascoltandomi, abbia ora il coraggio di dire (nemmeno se fosse un poeta comico), che io sono un ciarlatano e che parlo di cose che non mi riguardano. Se lo vuoi, dunque, esaminiamo a fondo la questione.
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