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Platone
Il Fedone

IntraText CT - Lettura del testo

  • XVIII
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XVIII

«Infatti,» aggiunse Cebete, «mi sembra che sia proprio questo il senso di quella frase famosa (ammesso che sia vera) che tu sei sempre solito ripetere, che cioè sapere non è altro che ricordare. Da ciò deriva il fatto che noi dobbiamo avere già imparato, in un tempo precedente, ciò che ora ricordiamo; e questo non sarebbe possibile se la nostra anima non fosse già esistita in qualche luogo prima di assumere la sua forma umana. Anche per questo motivo, dunque, è da credere che l'anima sia immortale

«Ma, Cebete, come possiamo provarlo, tutto questo?» interloquì Simmia. «Cerca, di rinfrescarmi la memoria, perché in questo momento mi pare di non ricordare più bene

«Ma esiste una prova formidabileassicurò Cebete. «Prova a interrogare un uomo qualsiasi: se ci sai fare, vedrai che ti saprà rispondere da sé, su tutto e questo non potrebbe essere se in lui non ci fossero già delle cognizioni e una capacità di giudizio. Mettilo, poi, davanti a un problema di geometria o a qualcos'altro del genere, e vedrai chiaramente, allora, che le cose stanno proprio così.»

«Se però questo non riesce a convincertiintervenne Socrate, «vedi un po' se la questione, come te la pongo io, può trovarti d'accordo. Tu, in fondo, non riesci a convincerti come la conoscenza non sia altro che ricordo

«Che io proprio non ne sia convintoprecisò Simmia, «non è esatto; solo vorrei provare su di me l'evidenza della nostra questione, cioè, vorrei che mi si facessero ricordare le cose. Veramente, da quello che ha detto Cebete, mi par già di ricordare qualcosa e comincio a convincermi; ad ogni modo, vorrei sentire com'è che tu imposti la questione

«Così. Siamo d'accordo, è vero, che quando uno ricorda qualcosa deve, indubbiamente, averla già vista prima?»

«Ma certo.»

«E quindi siamo anche d'accordo su questo punto: che il sapere, cioè, quando si acquista attraverso un particolare procedimento, è reminiscenza? E ti dico subito da quale: se uno ha visto una cosa o ne ha sentito parlare o ne ha provato una sensazione qualunque, non conosce solo questa data cosa, ma se ne richiama alla mente un'altra, del tutto diversa, che non ha nulla a che fare con la prima. Non dobbiamo, allora, affermare che egli si è ‹ricordato› di questa cosa che s'è venuta in lui ridestando

«Che intendi dire

«Questo, cioè, che altro è il concetto di uomo, altro quello di lira

«Be', certo.»

«E non sai che gli innamorati, vedendo una lira o un mantello o qualche altra cosa che la loro dolce metà, di solito, adopera, non solo riconoscono la lira ma richiamano alla loro mente l'immagine fisica della persona amata cui la lira appartiene? E questo è la reminiscenza. Allo stesso modo che vedendo Simmia ci si ricorda di Cebete. E di esempi simili se ne possono citare a migliaia

«Caspita, ma certo,» riconobbe Simmia.

«E, in questo caso, non si ha una reminiscenza? Specialmente, poi, per quelle cose che, o per il tempo o perché non sono più sotto i nostri occhi, avevamo dimenticate

«Sicuroconfermò.

«E dimmi ancora: se uno vede il disegno di un cavallo o quello di una lira, si può ricordare di un uomo? O se vede il ritratto di Simmia, ricordarsi di Cebete?» «Ma certo,» fece.

«E ci si può ricordare di Simmia, in carne e ossa, vedendo un suo ritratto

«Sicuro che si può.»




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