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Platone Il Fedone IntraText CT - Lettura del testo |
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«Non è così, Simmia? Se esistono queste realtà di cui stiamo tanto parlando, cioè, il Bello, il Buono, e così via e se ad esse riconduciamo le cose che percepiamo con i sensi, perché riconosciamo che quelle realtà sono in noi preesistenti, se ad esse confrontiamo le cose sensibili, allora bisogna pur dire che come esistono queste realtà così anche la nostra anima esiste ancora prima della nostra nascita. Se non fosse così, non se ne andrebbe all'aria tutto il nostro ragionamento? Non è, quindi, logico e necessario che, se esistono queste realtà, anche le nostre anime devono esistere prima della nostra nascita e, viceversa, se non esistono le une, non possono nemmeno esistere le altre?» «Sicuro, Socrate,» ammise Simmia, «c'è un'innegabile correlazione tra i due fatti e mi pare proprio che la questione si sia risolta in questo rapporto necessario tra l'esistenza dell'anima, prima della nostra nascita, e quella delle realtà di cui hai parlato. Niente ora è più chiaro di questo, cioè che tutte queste realtà di cui s'è parlato, il Bello, il Buono e così via hanno al più alto grado, una loro esistenza. E mi pare che questo sia stato dimostrato abbastanza.» «E Cebete?» soggiunse Socrate, «bisogna convincere, ora, anche lui.» «Ma lo sarà anche lui,» disse Simmia, «almeno credo, per quanto sia l'uomo più cocciuto del mondo di fronte a certe questioni. Penso, comunque, che anch'egli si sia convinto che le nostre anime esistono prima della nostra nascita.»
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