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Platone
Il Protagora

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    • 346
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[346] Allude certo al fatto che un uomo buono spesso si costringe a diventare amico di qualcuno, a lodarlo, come per esempio quando a un uomo capita di avere una madre, un padre, una patria o qualcos’altro del genere di natura diversa dalla sua. Ora, quando questa stessa situazione capita ai malvagi, l’accettano volentieri e con biasimo denunciano e accusano la malvagità dei genitori o della patria, per poterli trascurare senza essere per questo incolpati e rimproverati. Biasimano i genitori e la patria più del necessario e aggiungono risentimenti voluti a quelli già inevitabili. I buoni, invece, tentano di nascondere gli errori dei genitori e di lodarli, e se non sono d'accordo con i genitori o con la patria per aver ricevuto un torto, si calmano e si riconciliano costringendosi ad amarli e lodarli. Credo che spesso lo stesso Simonide abbia ritenuto opportuno lodare ed adulare il tiranno o qualunque altro uomo, non «volentieri», ma perché costretto. Questo è il motivo per cui dice anche a Pittaco: se ti biasimo non è perché sono per natura incline a biasimare. Infatti:

Mi accontento di un uomo che non sia malvagio

né del tutto inetto, che conosca la giustizia che giova alla città

e sia onesto; non lo biasimerò

(non sono per natura amante del biasimo),

perché infinita è la stirpe degli stolti

così che, se a qualcuno piace biasimare, potrebbe accontentarsi biasimando gli stolti.

Sono belle tutte le cose alle quali non si mescola nulla di brutto.

Simonide non intende certo dire con questo verso che sono bianche tutte quelle cose alle quali non si mescola nulla di nero, dal momento che questa sarebbe un’affermazione ridicola per molti aspetti. Intende piuttosto valorizzare le qualità intermedie, senza biasimarle. Infatti afferma: «Non cerco l’uomo puro, tra noi che ci nutriamo del frutto della terra dalle ampie vie. Se mai lo troverò ve lo annunzierò»; di conseguenza non loderò nessuno per la sua perfezione, ma mi accontenterò di un uomo di media virtù che almeno non compia azioni malvagie. Infatti dice: «Io amo e lodo tutti». Proprio in questo verso Simonide usa il dialetto di Mitilene e rivolgendosi a Pittaco dice: «Tutti io lodo e amo volentieri (qui è necessario che il lettore faccia una pausa dopo «volentieri»), purché non compiano azioni malvagie», ma c’è pure chi lodo e amo malvolentieri.




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