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Allude certo al fatto che un uomo buono spesso si costringe a diventare amico
di qualcuno, a lodarlo, come per esempio quando a un uomo capita di avere una
madre, un padre, una patria o qualcos’altro del genere di natura diversa dalla
sua. Ora, quando questa stessa situazione capita ai malvagi, l’accettano
volentieri e con biasimo denunciano e accusano la malvagità dei genitori o
della patria, per poterli trascurare senza essere per questo incolpati e
rimproverati. Biasimano i genitori e la patria più del necessario e aggiungono
risentimenti voluti a quelli già inevitabili. I buoni, invece, tentano di nascondere
gli errori dei genitori e di lodarli, e se non sono d'accordo con i genitori o
con la patria per aver ricevuto un torto, si calmano e si riconciliano
costringendosi ad amarli e lodarli. Credo che spesso lo stesso Simonide abbia
ritenuto opportuno lodare ed adulare il tiranno o qualunque altro uomo, non
«volentieri», ma perché costretto. Questo è il motivo per cui dice anche a
Pittaco: se ti biasimo non è perché sono per natura incline a biasimare. Infatti:
Mi accontento di un uomo che non sia malvagio
né del tutto inetto, che conosca la giustizia che giova alla
città
e sia onesto; non lo biasimerò
(non sono per natura amante del biasimo),
perché infinita è la stirpe degli stolti
così che, se a qualcuno piace biasimare, potrebbe
accontentarsi biasimando gli stolti.
Sono belle tutte le cose alle quali non si mescola nulla di
brutto.
Simonide non intende certo dire con questo verso che sono
bianche tutte quelle cose alle quali non si mescola nulla di nero, dal momento
che questa sarebbe un’affermazione ridicola per molti aspetti. Intende
piuttosto valorizzare le qualità intermedie, senza biasimarle. Infatti afferma:
«Non cerco l’uomo puro, tra noi che ci nutriamo del frutto della terra dalle
ampie vie. Se mai lo troverò ve lo annunzierò»; di conseguenza non loderò
nessuno per la sua perfezione, ma mi accontenterò di un uomo di media virtù che
almeno non compia azioni malvagie. Infatti dice: «Io amo e lodo tutti». Proprio
in questo verso Simonide usa il dialetto di Mitilene e rivolgendosi a Pittaco dice:
«Tutti io lodo e amo volentieri (qui è necessario che il lettore faccia una
pausa dopo «volentieri»), purché non compiano azioni malvagie», ma c’è pure chi
lodo e amo malvolentieri.
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