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Platone
Il Protagora

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[357] E non sarebbe proprio la scienza della misura, poiché è un’arte che riguarda l’eccesso e il difetto? E la scienza del pari e del dispari non è forse l’aritmetica?»Tutti sarebbero d’accordo con noi, o no?". Anche a Protagora sembrava che sarebbero stati d’accordo.

Bene; poiché ci è sembrato che la salvezza della vita risieda nella giusta scelta fra piacere e dolore - fra il più numeroso e il meno numeroso, fra il più grande e il più piccolo, fra il più lontano e il più vicino - questa non è forse una forma di misura, poiché è una ricerca dell’eccesso e del difetto e della reciproca uguaglianza fra piaceri e dolori?»"

"Necessariamente".

"Poiché è una misura, deve essere anche un’arte e una scienza".

"Saranno d’accordo".

Esamineremo in un secondo momento di quale arte e di quale scienza si tratti; per la risposta mia e di Protagora alla vostra domanda basta sapere che è una scienza. Se ricordate, avete iniziato a farci domande quando io e Protagora abbiamo concordato che nulla è più forte della scienza e che questa domina tutto, dovunque sia, il piacere e tutte le altre cose; voi, invece, affermavate che spesso il piacere ha in suo potere anche l’uomo sapiente. Poiché noi non eravamo d’accordo con voi, ci avete chiesto: ‘Protagora e Socrate, se ciò che accade in questi casi non è essere vinti dal piacere, che cosa è mai e che cosa voi dite che sia? Ditecelo!’. Se subito vi avessimo risposto ‘l’ignoranza’ avreste riso di noi; ora

invece, se rideste di noi, ridereste anche di voi stessi. Infatti voi avete ammesso che chi sbaglia nella scelta fra i piaceri e i dolori - cioè fra il bene e il male - sbaglia per mancanza di scienza, e non solo di scienza in generale, ma anche di quella che abbiamo chiamato arte della misura: un’azione sbagliata per mancanza di scienza sapete forse anche voi che avviene per ignoranza. Dunque ‘essere vinti dal piacere’ non è altro che la più grande ignoranza, di cui Protagora, qui presente, dice di essere medico, come pure Prodico e Ippia; voi però, poiché credete che non si tratti di ignoranza, né andate voi stessi

mandate i vostri figli dai maestri di queste cose, dai sofisti, come se l'arte di cui parlavamo non fosse insegnabile. Preoccupandovi solo dei vostri soldi e non dandoli a questi maestri, agite male sia nel vostro interesse che in quello della città».




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