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Platone
Il Protagora

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[315] Entrati, incontrammo Protagora che passeggiava nel primo portico. Di seguito a lui passeggiavano da un parte Callia, figlio di Ipponico, e suo fratello da parte di madre Paralo, figlio di Pericle, e Carmide, figlio di Glaucone; dall’altra parte l’altro figlio di Pericle Santippo, Filippide, figlio di Filomelo, e Antimero di Mende, che era il migliore tra i discepoli di Protagora e ne apprendeva l’arte per diventare sofista. Altri seguivano il gruppo ascoltando la conversazione: ed erano per lo più stranieri, che Protagora si portava dietro da ciascuna delle città che visitava. Li incantava con la voce come Orfeo e quelli lo seguivano ammaliati dalla sua voce. C’erano alcuni Ateniesi. Io stesso alla vista di questa schiera provai piacere, notando con quale grazia facevano in modo di non intralciare il cammino di Protagora. Ogni volta che lui e i suoi discepoli si giravano, quelli che lo seguivano si disponevano ordinatamente da una parte e dall’altra: dopo aver fatto un giro, gli rimanevano sempre dietro in un modo molto coreografico.

Dietro di lui riconobbi, come disse Omero, Ippia di Elide, seduto nella parte opposta del primo portico. Accanto a lui su degli sgabelli sedevano Erissimaco, figlio di Acumeno, Fedro di Mirrina, Androne, figlio di Androzione, e tra gli stranieri alcuni dei suoi concittadini e altri. Mi sembrò che stessero interrogando Ippia su questioni astronomiche relative alla natura e alla meteorologia, e quello, seduto sul suo seggio, dava giudizi e passava in rassegna le domande. Riconobbi anche Tantalo - infatti c’era anche Prodico di Ceo e stava in una stanza, che prima Ipponico usava come dispensa. Ora Callia, costretto dal gran numero degli ospiti, l’aveva liberata per riceverli. Prodico era ancora a letto, avvolto in pelli e coperte in abbondanza, come si vedeva. Nei letti accanto a lui sedevano Pausania del demo di Cerameo, e con Pausania un adolescente ancora bambino e, come credo, di famiglia nobile, certamente molto bello d’aspetto. Mi sembrò di aver sentito che il suo nome fosse Agatone e non mi meraviglierei se fosse stato l’amato di Pausania. C’erano questo ragazzo e tutti e due gli Adimanti, il figlio di Cepide e il figlio di Leucofilide, e anche alcuni altri. Da fuori non potevo capire di cosa discutessero, sebbene desiderassi molto ascoltare Prodico, che mi sembra un uomo onnisciente e divino. Un rimbombo prodotto nella stanza dalla profondità della voce non rendeva però comprensibili le parole.




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