[322] Questa si trovava presso Zeus, e a Prometeo
non era più possibile accedere all’Acropoli, la dimora di Zeus, protetta da
temibili guardie. Entrò allora di nascosto nella casa comune di Atena ed
Efesto, dove i due lavoravano insieme. Rubò quindi la scienza del fuoco di Efesto
e la perizia tecnica di Atena e le donò all’uomo. Da questo dono derivò
all’uomo abbondanza di risorse per la vita, ma, come si narra, in seguito la
pena del furto colpì Prometeo, per colpa di Epimeteo.
Allorché l’uomo divenne partecipe della sorte divina, in
primo luogo, per la parentela con gli dei, unico fra gli esseri viventi,
cominciò a credere in loro, e innalzò altari e statue di dei. Poi subito, attraverso
la tecnica, articolò la voce con parole, e inventò case, vestiti, calzari,
giacigli e l’agricoltura. Con questi mezzi in origine gli uomini vivevano
sparsi qua e là, non c’erano città; perciò erano preda di animali selvatici,
essendo in tutto più deboli di loro. La perizia pratica era di aiuto
sufficiente per procurarsi il cibo, ma era inadeguata alla lotta contro le
belve (infatti gli uomini non possedevano ancora l’arte politica, che comprende
anche quella bellica). Cercarono allora di unirsi e di salvarsi costruendo
città; ogni volta che stavano insieme, però, commettevano ingiustizie gli uni
contro gli altri, non conoscendo ancora la politica; perciò, disperdendosi di
nuovo, morivano. Zeus dunque, temendo che la nostra specie si estinguesse del
tutto, inviò Ermes per portare agli uomini rispetto e giustizia, affinché
fossero fondamenti dell’ordine delle città e vincoli d’amicizia. Ermes chiese a
Zeus in quale modo dovesse distribuire rispetto e giustizia agli uomini: «Devo
distribuirli come sono state distribuite le arti? Per queste, infatti, ci si è
regolati così: se uno solo conosce la medicina, basta per molti che non la
conoscono, e questo vale anche per gli altri artigiani. Mi devo regolare allo
stesso modo per rispetto e giustizia, o posso distribuirli a tutti gli uomini?«
«A tutti - rispose Zeus - e tutti ne siano partecipi; infatti non esisterebbero
città, se pochi fossero partecipi di rispetto e giustizia, come succede per le
arti. Istituisci inoltre a nome mio una legge in base alla quale si uccida,
come peste della città, chi non sia partecipe di rispetto e giustizia».
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