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Platone
Il Protagora

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[355] Potete ancora cambiare opinione, se siete capaci di sostenere che il bene sia una cosa diversa dal piacere, o che il male sia una cosa diversa dal dolore; oppure a voi basta vivere felicemente la vita senza dolori? Se vi basta e se per voi bene e male non sono altro che ciò che conduce al piacere o al dolore, ascoltate cosa ne consegue. Infatti vi dico che, se le cose stanno così, il ragionamento diventa ridicolo. Voi affermate che spesso l’uomo, pur sapendo che il male è male, tuttavia lo fa, pur essendo possibile non farlo, trascinato e sconvolto dai piaceri; poi dite che l’uomo, pur conoscendo il bene, non vuole farlo, vinto dai piaceri del momento".

Che tutto questo sia ridicolo, sarà evidente se non useremo molti nomi contemporaneamente, ‘piacere’, ‘dolore’, ‘bene’ e ‘male’: poiché sembra che si tratti di due cose, chiamiamole con due nomi, in primo luogo ‘bene’ e ‘male’ e poi ‘piacere’ e ‘dolore’. Stabilito questo, diciamo: l’uomo pur sapendo che il male è male, tuttavia lo fa. Se qualcuno ci chiedesse: «Perché?» «Perché è vinto» diremmo; «Da cosa?» quello ci domanderà; per noi non sarà più possibile dire «dal piacere», poiché adesso il piacere ha cambiato nome e si chiama ‘bene’. Allora gli risponderemo e diremo: «Perché è vinto»; «Da cosa?» dirà; «Dal bene, per Zeus!» diremo. Se il nostro interlocutore è un po' arrogante, riderà e dirà: «È davvero ridicolo quello che dite, se affermate che qualcuno fa il male, pur sapendo che è male e pur non essendo lecito farlo, perché è vinto dal bene. Per voi il bene può o non può vincere il male?». E’ evidente che dovremmo rispondere che non può, se che chi è vinto dai piaceri compie il male. «In che cosa - dirà forse - i beni sono inferiori ai mali e i mali ai beni? Forse in base al fatto che gli uni sono più grandi, gli altri più piccoli? O che gli uni sono di più e gli altri di meno?» Non potremmo che essere d’accordo. «E’ evidente dunque - dirà - che per voi ‘essere vinti’ significa scegliere mali maggiori in cambio di beni minori». Su questo siamo d’accordo. Attribuiamo ancora una volta i nomi di ‘piacere’ e ‘dolore’ a queste stesse cose e diciamo: l’uomo fa cose dolorose - prima dicevamo ‘cose cattive’ - pur sapendo

che sono dolorose, vinto dai piaceri, che evidentemente non sono in grado di prevalere.




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