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Platone
Il Protagora

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Questo avremmo potuto rispondere ai più; ora insieme a Protagora chiedo a voi, Ippia e Prodico (infatti il discorso è rivolto anche a voi), se vi sembra che io dica la verità o che sbagli".

Straordinariamente a tutti sembrava che le cose dette fossero vere.

"Anche per voi dunque, il piacere è bene, il dolore è male. Tralascio la sottile distinzione di nomi che fa Prodico: sia infatti che tu lo chiami piacere, diletto, gioia intensa, o come a te piace, caro Prodico, rispondimi a tono".

Dopo aver riso Prodico fu d’accordo e anche gli altri.

"E che pensate allora di questa affermazione: tutte le azioni che tendono a una vita senza dolore e piacevole, non sono forse belle? E un’azione bella non è forse buona e utile?"

Erano d’accordo.

"Se dunque il piacere è bene, nessuno farebbe le cose che fa se sapesse e credesse che esistano altre cose migliori che sarebbe possibile fare; e essere vinti da se stessi non è altro che ignoranza, mentre dominare se stessi non è altro che sapienza".

Tutti erano d’accordo.

"E poi? L’ignoranza non consiste forse nell’avere una falsa opinione e ingannarsi su questioni importanti?"

Anche su questo tutti erano d’accordo.

"Non è forse così? Nessuno volontariamente tende al male né a ciò che ritiene essere male, e non è nella natura umana, mi pare, andare volontariamente verso ciò che si ritiene male, invece del bene. Quando infatti si è costretti a scegliere uno fra due mali, qualcuno sceglierà forse il più grande, pur essendo possibile scegliere il più piccolo?"

Su tutte queste cose eravamo d’accordo.

"Che cosa sono per voi timore e paura? Quello che sono per me? Mi rivolgo a te, Prodico. Per me timore e paura - usate il nome che preferite - consistono in una indefinibile attesa del male".

A Protagora e a Ippia sembrava che il timore e la paura fossero questo, a Prodico invece sembrava che il timore fosse questo, ma la paura no.

"Prodico, non c’è alcuna differenza! Ecco la cosa importante: se le affermazioni di prima sono vere, forse qualcuno si dirigerà volontariamente verso le cose che teme, pur essendo possibile andare in un'altra direzione? Oppure questo è impossibile, se è vero quello che abbiamo detto prima? Infatti abbiamo concordato che ciò che si teme rappresenta un male e che nessuno volontariamente va verso il male né lo sceglie".




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