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Remigio Zena
Poesie grigie

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  • LIBRO I   LA COMMEDIA
    • 13.   IL GATTO
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13.

 

IL GATTO

 

 

Dal mio terrazzo vidi sopra un tetto

Un micio poveretto

Che in un guscio di noce avea ciascuna

Zampa serrata.

 

Dei suoi occhi la gialla mezzaluna

Immobile, sbarrata,

Pareva gonfia d'una luce densa

E si faceva immensa.

 

Sulla schiena un chiaror fosforescente

Era ai peli latente,

Ai peli, ritti come son gli strali

D'un porcospino.

 

In quella nuova foggia di stivali

Il gatto poverino

Scivolava, dal peso trascinato,

Giù pel piano inclinato.

 

E la grottesca faccia d'un ragazzo

Sopra un altro terrazzo,

Ridea, ridea malignamente sciocca

E trionfante.

 

Colla coda incordata e colla bocca

Di bava gocciolante,

Gargarizzando un rantolostrano

Da sembrar quasi umano,

 

Intanto il gatto non potea far presa

Sulla tersa discesa

E il suolo gli sfuggiva come l'onda

A un bastimento.

 

Restò fermo un istante sulla gronda,

Cessando il suo lamento,

Preso dalla vertigine dell'alto....

E piombò sull'asfalto.

 

Battendo allor le mani come un pazzo

Rise forte il ragazzo,

E poi sputò, sventrato nella via,

Sul corpo boccheggiante.

 

Questa dedico a voi, marchesa mia,

Storiella edificante:

Indovinate voi col vostro tatto,

Chi sia quel gatto.

 




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