26.
SECONDO VIAGGIO
Stanotte la sognai. Soli
eravamo
Dentro il vagone e mi dicea:
«perdonami,
Ho fatto male».
E fuggivamo trascinati via
Nella landa deserta e nella
squallida
Nebbia notturna
Non benedetta da un riso di
stelle;
Fuggivamo lontano dalla
patria
Forse per sempre.
Lei mi fissava tenendo sul petto
Giunte le mani - le sue mani
morbide! —
Quasi in ginocchio
Sopra i cuscini, con un fil di
voce
Ripetea come un bimbo che
piagnucola:
«Ho fatto male,
Perdonami.... perdonami...!» e
la nenia
Nel cavernoso fracasso
monotono
Stringeva il cuore.
Non potevo rispondere. Veniva
Una parola dal fondo
dell'anima
Di perdonanza
Ed era manna sulle labbra, ed
era
Balsamo sulla piaga, eppure
un perfido
Impeto d'ira
La ricacciava nella gola secca.
—
Oh potrò del perdon dar
l'elemosina
Almen morendo?
Nella pace cristiana della
tomba
Quest'odio ancor mi roderà
le viscere
Strappate al verme? —
E fuggivamo trascinati via
Nel gran deserto. Schizzava
la lampada
Un chiaror tetro
Riverberando sui neri cristalli
I due profili, del marito e
d'Elena...
Elena, greca!
Implacabil vision delle
memorie! —
Non così, non così fu nel
battesimo
Del dì nuziale
L'altro viaggio, allor che
verso il sole
E l'infinito si correva
estatici,
Allor che insieme
Volando come passeri dal nido,
Si pensava alla prossima
vendemmia
Dopo il ritorno!
Ora fuggiam lontano dalla
patria
Forse per sempre, dalla cara
patria
Che ci schernisce,
E la tua corsa è quella di
Leonora
Che va alla morte,
abbracciata a un cadavere,
In mezzo ai morti.
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