Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Remigio Zena
Poesie grigie

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO II.   ACQUE-FORTI.
    • 4.   LA CENA
Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

4.

 

LA CENA

 

 

«Candido Pulcinella,

Ci strimpella

Sulla rauca chitarra

La bizzarra

Tua canzon.

 

«Cantaci un ditirambo

Strano e strambo

Da non capirne un'acca,

Sia bislacca

La canzon

 

Così le mascherine

Biricchine,

Terminate le danze

Nelle stanze

Del veglion,

 

Mi gridarono a cena

Non appena

Nacque sulla tovaglia

La battaglia

Dei bicchier

 

«E se alla mente stanca

Ora manca

L'ispirazione fresca,

Pesca, pesca

Nel bicchier

 

Io salii su una scranna

Tra gli osanna

Ed intonai lo strambo

Ditirambo

Del piacer.

 

Quel che il labbro cantò

Non lo so,

Indovinalo grillo!

Era brillo

Già il cantor,

 

E dalle strofe prime

Le mie rime

Buttarono in un canto

L'amaranto

Del pudor.

 

Ma nell'ugola a un tratto

Il mio matto

Lubrico ritornello

Sul più bello

Si arrestò,

 

E serpeggiommi addosso

Fino all'osso

Un brivido di gelo,

Ogni pelo

Si drizzò.

 

*

*      *

 

Ottenebrossi l'infuocata stanza

Delle gambe, dei fiaschi e dei cervelli

Consecrata alla danza;

Non più il vino nei nappi si versava,

Correan per terra fetidi ruscelli

Di marciume e di bava.

 

E d'una Zampa al lume sepolcrale

Io scorsi in un cadavere mutato

Ogni mio commensale,

A cui la bianca lebbra primitiva

Come a un corpo di fresco sotterrato

Le carni ricopriva.

 

Mi sfuggì dalle mani la chitarra

Ma seguitando i cadaveri flosci

A menare gazzarra,

Coi coltelli picchiavano sui piatti,

Mi dicean sogghignando: «ci conosci

E ridean come matti.

 

«Questo per noi è l'ultimo veglione!

Perchè tacque, poeta avvenirista,

La tua laida canzone?

Hai paura dei morti? nella gola

Le strofe inaridirono alla vista

Della marcia che cola?

 

»Perchè tremi? poc'anzi eri un Orlando

A tavola nel cozzo dei cristalli,

Non tremavi strillando

La canzone di Venere e di Bacco.

E or che vedi dei visi fatti gialli

Ci diventi vigliacco?

 

»Nella fanfara splendida dei lumi

Inneggiavi alla plastica brigata

E del Sciampagna ai fumi,

Or la materia più non t'innamora?

Segui: benchè dai vermini baciata,

Qui la donna c'è ancora.

 

»C'è la donna a cui calda da vent'anni

Nelle vene la porpora correa

Sotto i serici panni,

Che stesa sui tappeti e di diamanti

Scintillante, ma pur sempre plebea,

Schiaffeggiava gli amanti.

 

»Prima che se ne vada nella cassa

Vieni a cantare le tue rime oscene

Sopra questa carcassa.

Non tremar: sol nel bacchico furore

L'estro impudico a risvegliarti viene?

Non lo sai che si muore?

 

»Evohé! questo i l'ultimo veglione,

Ora diventa il ballo sghignazzante

Funebre processione,

E tu pur, pria dell'alba, in sepoltura

Con noi verrai, poeta sacripante

Morto dalla paura

 

Qui, ruttandomi i morti sulla faccia,

Si strinsero e levaronmi di peso

Colle putride braccia,

Ma non saprei più dir quello che avvenne:

Tenni in corpo due , lungo e disteso,

La mia sbornia solenne.




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License