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Remigio Zena Poesie grigie IntraText CT - Lettura del testo |
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19
DA SALERNO
A TEODORO MALIANI
Nelle vie si affastellano Piramidi di angurie e di meloni, A ogni passo si scivola Sulle scorze buttate dai guaglioni2
Che corrono in camicia, E lietamente d'una fetta diaccia Fan bevanda ed asciolvere Mentre in essa si lavano la faccia.
E sfavilla la porpora Dei cardinali agresti — i pomidoro — Che al mercato rosseggiano. Entro i panieri, come in concistoro.
Sembra quella di Napoli La strada parallela alla marina Tanto sono i curricoli; Vanno e vengono tutta la mattina.
* * *
Serrate le botteghe, A mezzogiorno la città si spopola; Sucide e scarne, somiglianti a streghe, Sol passeggian le zingare.
Hanno come zendado Sulle spalle un lenzuol, fiutano e raspano; Alle donne che incontran del contado Tirano il ladro oroscopo.
Presso al caffé d'Europa I pesciaiuoli, bocconi sul lastrico, Fan taciturni una partita a scopa O supini sonnecchiano,
Nè punto li molesta Il sol che piove le bollenti gocciole: Han due dita di lardo sulla testa E cuoio è l'epidermide.
* * *
Il sole è a piombo. Dell'ardente asfalto Par che acciechi il riverbero, Ti sghignazza negli occhi un visibilio Di biacca e di cobalto.
Non fa una ruga il mare, si distende Nella sua conca e sfolgora; Senza un battello, riceve pacifico La vampa che l'accende.
Ma là cupa galleggia in mezzo al porto La spezzata Silistria3; Dormi, o mare, abbracciato al negro feretro, Dormi pure e fa il morto
Sui carcami dei venti marinari Che non volesti rendere! Pel nuovo autunno, in questa calma perfida, Nuove burle prepari?
* * *
Teodoro, t'aspetto. Togliti al tuo cenobio Dove, come un pascià, vivi soletto In un harem di idee giovani e splendide.
Qui le ritroverai, Sotto il ciel di Partenope, Insieme ad altre che ancora non sai, Benedette dal sol, vestite d'iride.
Vieni, gaia è Salerno E al tuo Nervi somiglia: Nei giardini, anche qui l'arancio è eterno E spicca tra gli ulivi e le margaridi;
Anche qui la collina Che di case biancheggia, Si fa città scendendo alla marina Dove si allarga in ampio semicircolo.
* * *
Tu che artista e poeta, delle italiche Infrante glorie i monumenti interroghi, E nelle pietre scruti Il lavorìo perpetuo dei minuti,
Fantasticar potrai sulle macerie Del castello gigante, nido d'aquile, Lassù in vetta piantato Come un cimier, sul picco acuminato.
E veder ti parrà l'ombra risorgere, Coronata ed armata e in bianca maglia, Di Roberto Guiscardo Che i suoi fanti raduna e lo stendardo
Crociato all'asta fieramente inalbera, E scende dalla rupe e affronta e stermina Sull'infuocata arena, I ladroni d'un'orda saracena.
* * *
Alla lima dei secoli Un campanil tetragono resiste; Perchè non l'abbelliste, Ristauratori vandali,
Come abbelliste il tempio Che all'ombra sua fu da Guiscardo eretto? Mancava un architetto Per mutarne le linee,
Le glorïose linee Coperte dalla muffa di mill'anni? Non ci son più i Normanni Che la mole idearono,
Meglio sarebbe abbatterla E con essa spazzar tanti vecchiumi. — Il secolo dei lumi Le reliquie non venera!
* * *
Oggi il tempio i moderno e ingentilito Nella sua metaformosi; Uno strato d'intonaco Le colonne di marmo ha rivestito. Ma perchè non ficcaste in un museo Di Giovanna il sarcofago E di Gregorio settimo? Perchè fate ammirar di San Matteo
La veneranda cripta istorïata, I mosaici dei pulpiti E le barbare epigrafi Onde l'opera nuova è deturpata?
Alla tua gloria basta, o cattedrale, Questo gran privilegio: Come fossero vescovi I canonici han mitra e pastorale!
* * *
Teodoro, t'aspetto. In pace dormano Questi avanzi normanni ed angioini: Altri pensieri suscita Un suon di mandolini;
Un suono lindo — smarrito nei viottoli — Che chiamerei un tintinnìo di stelle E nella notte sveglia Le innamorate belle.
Quando qui tu sarai, noi pur, nottambuli, Andremo in giro a far le serenate; Sarà nostra la musica E nostre le ballate,
Strambe canzoni d'un libro nuovissimo Che in faccia al sole non osiam dir nostro, Tatüato nell'anima E vergine d'inchiostro.
(Agosto 79) |
2 In dialetto napoletano: ragazzi. 3 Vapore inglese che nel porto stesso dì Salerno miseramente naufragava, sbattuto da un uragano, il 25 febbraio 1879. |
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