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Neera
Il libro di mio figlio

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Poche parole ti dirò a proposito della religione. Essa è un sentimento, non una pratica. Se tu senti, credi. Se la voce divina non giunge a te, non negare per questo, non irridere. Cercala sotto altre manifestazioni. In ogni forma dell'ideale Dio esiste.

Ma, te ne prego, figlio mio, non tentare mai di togliere ad altri la fede. Essa è per molte persone l'unico bene.

Hai mai osservato la domenica in campagna? Le campane suonano a distesa perchè tutti i contadini possano udirle ed accorrere dai casolari lontani. Ed ecco che s'avviano da destra e da sinistra, a drappelletti, soli, a due a due, gli uomini cogli uomini, le donne colle donne, lenti, gravi, silenziosi.

Prendono posto in chiesa, gli uomini da una parte, le donne dall'altra; i primi arrivati siedono, gli altri stanno in piedi, molte donne si accoccolano per terra. E tutti zitti!

A guardare quella fila di faccie immobili dove l'eccesso della fatica materiale ha distrutto la fiamma del pensiero, ci si domanda con sgomento: sono questi i nostri fratelli?

Capiscono poco, povera gente. I più svegliati leggono in certi libri stampati a caratteroni grossi come ceci, dove le pagine della messa sono segnate al basso da due sfumature nereggianti che sono la traccia dei pollici. Qualcuno sgrana il rosario. Quando il prete sale sul pulpito stanno tutti attenti; quando canta lo accompagnano in una lingua che essi non intendono affatto; rivolgono a Dio, alla Madonna, una quantità di preghiere delle quali ignorano il significato; ma in quella elevazione qualsiasi delle anime i duri volti si illuminano, qualche pupilla si vela di lagrime di tenerezza. Da tutti i cuori si sprigiona un lamento, una domanda, uno sfogo.

I filosofi, le persone istruite, coloro che mangiano bistecche e leggono Schopenhauer, si capisce, possono fare a meno di ciò. Essi l'hanno il loro ideale, alto, orgoglioso, libero, comodo sopratutto.

Ma a questi umili cuori che cosa resterà se togliamo la loro piccola chiesa e il loro piccolo culto? Se togliamo quella fede misteriosa, quella speranza vaga, quel dolce e terribile ignoto che li frena e li consola?

Che cosa daremo loro invece della pace del tempio, della solennità dei riti, della poesia di un amore sconosciuto e potente?

Noi abbiamo le ricchezze, l'intelligenza, il sapere; essi hanno la fede! Essi credono che, condannati a lavorare ed a soffrire, li attende una vita nuova; e per un istante, almeno una volta alla settimana, quando il parroco parla loro delle gioie celesti intravedono anch'essi un raggio della divina immortalità; sulla loro fronte scende la luce di un pensiero ideale e tornano alle loro case più contenti, più calmi, recando il conforto di un bene interiore che non possono spiegare, ma che sentono. Passando vicino al cimitero, provano la commozione di un sentimento tenero e malinconico, che li fa sostare davanti alle croci come innanzi all'opera di una giustizia grande e sopranaturale, come alla sicura promessa di un premio.

 

* * *

 




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