Lo so che
qualche moderno riformatore, sogghignando mi può dire: «Oh ingenuità
sentimentale! crede di giovare meglio al povero lasciandogli l'ostia che
dandogli una grammatica!»
Veramente lo credo, perchè senza
grammatica si può vivere, e senza ideale, no; e per una classe infinita di
persone la religione è il solo ideale possibile.
Nè vale che mi diciate:
«Istruiteli e non avranno più bisogno di religione.»
Facile è togliere e difficile
dare! Migliorate pure le condizioni intellettuali e materiali del povero, ma
accostatevi a lui coll'amore, non colla rapina: non spogliatelo di quello che
ha, promettendogli un beneficio lontano, del quale poi non sapete nemmeno se vi
sarà grato.
Non tutte le anime anche fra le
persone le più culte, sono accessibili ai principî filosofici. Togliere a
queste la fede è una mala azione come privare un bimbo della sua innocenza e un
povero del suo unico soldo.
È per smania di atterrare la
vecchia fede che noi vediamo tutta una generazione, non ancora preparata
all'austera religione della coscienza e già priva dell'antico freno, brancicare
con dondolamenti da ubbriaco.
Questa febbre distruggitrice mi
fa pensare ad un povero ciliegio che alcuni monelli dopo di aver saccheggiato
si posero a schiantare col pretesto che era vecchio e che già doveva morire lo
stesso... Essi non pensavano che tuttochè vecchio poteva dare ancora ombra nei
giorni estivi, poi foglie secche per le allegre fiammate d'autunno, finchè dai
solchi pazientemente fecondati sorgesse l'albero nuovo.
Dicono anche gli innovatori:
«Conservare il popolo nella religione, è conservarlo nella menzogna e
nell'errore.»
Oh! uomini impastati di creta,
cui sola esca e capitale conquista è il raggiungimento dei beni materiali, che
ne sapete voi dei bisogni profondi di altri uomini che non potete giudicare
perchè non li capite, ma che hanno diritto al pari di voi di scaldarsi ai raggi
del loro sole? Essi non vi impediscono di correre al denaro. Perchè vietereste
a loro di andare dove li porta il loro ideale?
La religione conserva
l'ignoranza — voi dite. Ma è permesso almeno di sollevare un dubbio, quando il
ciabattino che rimette il tacco delle vostre scarpe dichiara altezzosamente di
non credere in Dio, perchè noi allora pensiamo a Manzoni, a Tommaseo, a
Fogazzaro...
Ed anche fra i più giovani
studiosi di ogni sistema filosofico, fra coloro che più audacemente si
abbandonarono all'acre voluttà della negazione, non vediamo forse ora caldi e
sinceri ravvicinamenti al principio cristiano del nostro nulla in rapporto al
mistero che è dentro di noi e intorno a noi?
Inutile far nomi. Guardiamo.
Dalle più sottili intelligenze, dai cuori più ardenti che già in veglie operose
inseguirono il mistero ribellandovisi, ecco un tendere ansioso delle anime
inappagate verso una felicità che il materialismo non ha potuto dare, verso una
luce che non è di questo mondo?
L'indizio è rassicurante per il
futuro. Quando le plebi avranno colmate tutta la bilancia dell'incredulità e
dell'appagamento sensuale, balzerà più sicura la bilancia del desiderio
spirituale che uomini nuovi affermeranno con nuovi e sempre più alti ideali.
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