Prima di
scrivere la parola «fine» sotto a queste pagine voglio toccare un altro
argomento. Toccarlo appena, accennarlo, così come feci per tutti gli altri,
fidandomi di parlare a giovanetti colti che ben presto si troveranno sulle
scene della vita ed al cui ingegno perspicace basta aprire uno spiraglio per
esser compresi, se non oggi, domani.
Intendo parlare dell'onestà con
le donne.
È questa una onestà speciale,
più delicata dell'altra, più soggetta a scappatoie ed a mistificazioni.
Vi sono uomini conosciuti
onestissimi dagli altri uomini, magistrati integerrimi, soldati leali,
patrioti, cittadini senza macchia. La società li acclama galantuomini, sono
stimati e onorati, proposti a modello. Ma quanti io ne conosco nel cui passato
una donna piange ancora ed ebbe per essi la vita spezzata. Oh! quella debole
voce perduta, soffocata nel coro degli elogi, ripete per sempre
inesorabilmente: «No, non sei interamente onesto!»
La malafede verso le donne è
tanto più codarda in quanto che, nella maggioranza dei casi, la vittima non può
gridare ad alta voce.
Onora la donna, rispettala. Essa
rappresenta un ideale sacro. L'omaggio che le tributerai, più che a lei va al
culto che essa informa, va al Dio di cui essa è l'altare.
Qualche volta l'altare è
profanato, ma gli uomini onesti di tutte le religioni venerano la santità delle
memorie, anche quando il tempio cade in rovina.
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