Se non avesse
l'apparenza un po' cinica vorrei incominciare con una massima che io ritengo
cardinale. Qualunque tu voglia essere, o galantuomo o briccone, siilo per
intero.
È certo che per te non temo
l'ambiguità della interpretazione, nè io mi credo obbligata a soggiungere: sii
galantuomo. Tuttavia per galantomismo non intendo quella onestà rudimentale che
consiste nel non rubare e che per una classe numerosissima di persone sarebbe
affatto senza valore; nella stessa guisa che il pudore personale si chiama
virtù solamente quando è applicabile alle donne e l'ubbidienza quando si tratta
di frati, di soldati e di bambini.
L'onestà deve abbracciare tutto
il carattere, tutte le classi, tutte le età. Deve essere la base e il
coronamento, stendersi ai lati più lontani, penetrare e cementare lo intero
edificio. Si potrà poi riuscire spiritosi o imbecilli, lavoratori o pigri,
educati o villani — è una questione di più e di meno — l'indispensabile è di
essere onesti, esserlo da cima a fondo; perchè l'onestà, la quale non guida
sempre alla fortuna, basta a farci sopportare le disgrazie ove essa sia ampia e
superiore.
Una mezza onestà invece è spesso
un guaio; difficilmente resiste alle tentazioni, dunque non è valida; d'altra
parte ci lascia sentire il rimorso, dunque non ci rende felici.
Ti esorto a meditare questa
affermazione ed a farne l'esperimento su te stesso, che è cosa facilissima. Ogni
qual volta nell'attrito del tuo interesse cogli interessi altrui l'egoismo la
vince, ma pure non sei contento, vuol dire, sì, che l'egoismo era in te
maggiore della virtù; ma quel malessere che senti, quella specie di amarezza
che ti avvelena il trionfo, mentre prova l'esistere della coscienza, si erige
ad ostacolo verso il pieno godimento egoistico. Soffri perchè non sei nè
interamente buono nè interamente malvagio. Ecco dunque la necessità di
decidersi per l'una e per l'altra di queste due strade.
Una persona che non abbia la
vera vocazione del birbante deve, per suo vantaggio, avvicinarsi possibilmente
a un ideale di onestà; la via di mezzo in questo caso è la peggiore.
O felici calpestando gli altri, non
badando ai loro gemiti, godendoci il bottino. O felici innalzando le anime
nostre a quelle regioni di filosofia pura dove la felicità non è altro che
sinonimo di coscienza.
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