Una
imperfezione del carattere che pone maggiori ceppi all'ingegno e sfronda molte
gloriose corone e fa spargere infinite lagrime, è la leggerezza.
Fuggi per quanto puoi le persone
leggiere. Ti sarà qualche volta difficile, perchè ve ne sono fra esse di
simpaticissime. Hanno generalmente un abbandono, una grazia ingenua e naturale,
una vivacità, una socievolezza che incanta e crea loro dovunque molte amicizie.
Ma questi cari esseri che noi amiamo talvolta fino alla follìa sono i nostri
peggiori nemici.
Cento volte meglio una persona
malvagia; almeno noi ne diffidiamo e, al postutto, non commetterà il male a
tutte le ore del giorno.
Coi leggeri invece non sai mai
dove cammini; credi di correre sopra un praticello fiorito e sprofondi nella
mota. Essi ti vorranno tutto il bene immaginabile, ma per inavvertenza ti
uccidono.
Sono esseri ibridi, commedianti
d'occasione, oggi eroi, domani vigliacchi, senza coscienza nè dell'una nè
dell'altra parte; un po' matti, un po' fanciulli, innamorati sempre di quel che
luccica, del similoro, delle gemme di vetro, delle pagliuzze, delle trombe e
delle baracche di cerretani; con un bisogno continuo di movimento e di rumore,
sia poi rumore di istrumenti musicali, o fischio di palle, o scrosciare di
fulmini; per essi è tutt'uno.
A sette e a dieci anni sono i
fanciulli adorabili, i graziosi birichini che ottengono quel che vogliono a
furia di baci e di promesse. A quindici scroccano l'esame per la prontezza del
loro spirito, per l'audacia e la duttilità della loro intelligenza. A venti
anni si gettano a capo fitto nella vita, e siccome non mancano di una buona
dose di arditezza che simula coraggio, molti fra essi hanno la fortuna di
morire sul campo dell'onore, rimpianti ed adorati sempre.
Ma quelli che vivono lasciando
giorno per giorno un lembo delle loro vesti ai rovi del sentiero, atterrando
nella loro corsa cieca qualunque ostacolo, sia esso il cuore di una madre o
l'onore di una sposa, sia una fortuna che dilapidano od un'amicizia che
tradiscono, o una fede a cui vengono meno? Ma quando giunti al termine della
loro esistenza guardandosi indietro trovano di aver lacerato, disperso, perduto
tutto — salute, affetti, considerazioni, ricchezza — qual'è il loro grido? Essi
dicono: Eppure non sono cattivo, non fui altro che leggiero!
* * *
|