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Neera
Il libro di mio figlio

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Certo dobbiamo a questo sentimentalismo la maggior parte del bene che si fa. Ognuno che benefica è persuaso di agire per la misericordia del prossimo, ma effettivamente il bene lo fa per stesso, per mitigare la suddetta sofferenza fantastico-nervosa.

La prova di ciò puoi averla, osservando come, novanta volte su cento, se noi arriviamo a vincere il nostro dolore pei mali altrui, non benefichiamo più.

Siamo tutti di un gran cuore al momento dell'impressione, cioè quando il nostro egoismo è trascinato a soffrire. Così non siamo generosi buoni, degni di assurgere alle glorie della carità.

La conclusione è pessimista. Pur troppo, lo studio dell'uomo conduce al pessimismo, ma non si deve fermare qui; il pessimismo non è un ostacolo alla mètaRiconoscere la nostra deficienza non vuol dire accettarla ed accontentarsene. Il pessimismo in questo caso deve servirci di fiaccola.

Scrivo questo libriccino per allargare l'animo alla comprensione del bene. Il bene facile, quello che sgorga appunto dal midollo rammollito dei sentimentaloidi o dalla febriciattola dei vanitosi non basta più alla umanità matura.

Altri ideali, altre conquiste dovete avere, o giovinetti della nuova generazione, voi che inizierete il ventesimo secolo.

 

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