Giunta a questo
punto m'arresto un istante e ti chiedo, figlio mio, sai soffrire?
Avendo deliberatamente bandito
da questo libriccino le citazioni poetiche, dò però posto ad una che vorrei
veder scritta su tutte le case abitate dagli uomini:
Liberamente il forte
Apre al dolor le porte
Del cor, come all'amico.
Il dolore è la più alta
espressione del sentimento, è l'agente più nobile dell'educazione e della morale.
Esso è necessario alla vita di una persona che non voglia assomigliare ad una
marmotta.
L'educazione antica, dove aveva
tanta parte il dolore, crebbe all'ammirazione dei posteri le tempre bronzine
degli eroi di Plutarco.
Tutte le arti si ispirarono al
dolore, dal gruppo di Laocoonte alla Deposizione, dal pianto di Andromaca al
dubbio di Amleto e al grido di Rigoletto.
La setta degli stoici fiorente
nella antica Grecia, se volle togliere alla vita il dolore dovette privarla
anche del piacere. Fu essa che inventò la massima: il saggio poco si allegra e
poco s'addolora. Chi soffre poco, gode leggermente, questo è innegabile.
Nel dolore l'anima ci affina, il
pensiero si eleva. Il dolore ci avvicina al genio e ce ne rende comprensibili
le opere, poichè da Omero a Leopardi i grandi uomini hanno grandemente
sofferto. Una profonda verità filosofica sta racchiusa nel concetto cristiano
che Dio manda il dolore a quelli che maggiormente ama.
L'esistenza è tessuta di piaceri
e di sofferenze; ma nel mentre i primi scorrono, goccie limpide senza lasciare
traccia, le sofferenze imprimono un marchio inedelebile.
Per questa sua potenza duratura
il dolore sviluppa e modifica semi che giacerebbero forse inoperosi nel petto
dell'uomo: per esempio la sensibilità, l'indulgenza, la pietà; così più giova
alla educazione della vita una disgrazia che non una fortuna.
I grandi benefattori
dell'umanità, incominciando da Cristo che nacque in una stalla, ebbero umili
natali e giovinezza stentata.
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