Il coraggio si
allea naturalmente al pensiero del dolore. Al pari di quello si può dividere in
coraggio fisico e coraggio morale.
Il coraggio guerriero è, nella
maggior parte dei casi, frutto di un temperamento sanguigno e robusto, e deve necessariamente
appoggiarsi sopra una fibra resistente. Difatti ai soldati non si chiede quale
sviluppo abbia il loro essere pensante, ma se misurano ottanta centimetri di
torace.
La pazienza, l'abnegazione, la
perseveranza sono tutte forme di coraggio. Lottare per una convinzione,
combattere per un'idea, è altrettanto coraggioso quanto scendere in campo.
Lottare colle proprie passioni è l'espressione più alta del coraggio.
Ogni conquista, sia dessa fisica
o intellettuale, rappresenta un nucleo di forze sostenute dal coraggio. Cesare,
Napoleone, Franklin, Galileo, Savonarola, Giordano Bruno, Alighieri, Jenner,
Stephenson, stanno a capofila dei coraggiosi.
Ma gli ospedali pure raccolgono
nelle lente agonie, nelle eroiche operazioni chirurgiche, la somma di grandi,
di ignorati coraggi; e nelle soffitte dei poveri, accanto alla miseria, alla
malattia, agli stenti, il coraggio di un'umile madre è molte volte il perno
intorno a cui si aggirano le onestà laboriose e rassegnate dell'operaio, della
fanciulla, dei bambini affacciantisi alla vita.
È necessario ad ogni modo
coltivare una certa forza di trasfusione per il caso che il nostro coraggio,
invece di esserci domandato tutto intero, non lo si voglia suddiviso,
centellinato nelle proporzioni inafferrabili ma continue dei piccoli sacrifici,
dove la vittoria è meno splendida, meno appariscente, ma dove appunto il merito
è più grande.
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