Vi è però una
specie di indulgenza che sembra bontà e non è altro che debolezza ed accidia;
l'indulgenza che assolve tutto senza esaminare; senza discutere, che si mostra
facilmente caritatevole per evitarsi la noia di essere giusta; manica larga che
ricopre egualmente il galantuomo ed il briccone colla ragione speciosa che
siamo tutti fratelli.
Mettiamo in una società, in una
famiglia, un terzo solo di persone siffattamente indulgenti; che cosa diventerà
quella società, quella famiglia? Indulgenza ci vuole, ma non cieca, non pigra,
sopratutto non complice.
Questa complicità la si osserva
con frequenza nei partiti politici, nelle sette religiose, nelle combriccole
letterarie, dappertutto dove un principio, una credenza o un interesse comune
tengono uniti insieme molti uomini quali per onorare il principio nascondono o
negano le colpe affidategli.
Comunissima è poi l'indulgenza
per i difetti che abbiamo noi stessi. Sentirai dire dall'uno: io abborro
l'ipocrisia; dall'altro: per me non v'è maggior peccato dell'avarizia; un terzo
scaglierà i suoi fulmini contro la gola. E per logica conseguenza, il primo
avrà molta tolleranza per la brutalità delle persone sedicentesi schiette;
mentre l'altro, prodigo lui stesso, è convinto che la prodigalità sia un vizio
amabile; e per l'altro ancora il primo eroe del mondo dovrebbe essere san
Gerolamo, così alieno dal peccato della gola che beveva l'olio della lampada
scambiandolo per acqua.
Principio rudimentale d'ogni
studio sull'uomo è la serenità dell'osservazione.
L'indulgenza non deve consistere
nel modo di giudicare ma nel modo di concludere; e tutte le volte che il tuo
giudizio non ti presenta un caso di malafede, di disonestà, di offesa ai sani
principi della morale, sui quali non è possibile transigere e dove l'indulgenza
sarebbe colpa, devi usare verso il prossimo quella misericordia di giudizio che
è una specie di carità dell'animo.
La sottile divisione, la linea
leggera che separa queste due indulgenze basta a renderle tanto differenti. Non
vi è norma in proposito. La regola ci viene dettata al momento pratico dal
nostro criterio, da quel senso morale che si potrebbe chiamare il sesto senso e
per il quale chi ne è dotato, all'infuori d'ogni legge e d'ogni dogma, in
qualsiasi grado di coltura e di civiltà, riconosce subito il vero e dice con
sicurezza: Questo è bene, questo è male.
Nature elette per cui sarebbe
inutile scrivere qualsiasi trattato, perchè hanno in sè stesse il germe di
tutte le cose belle, alle quali arrivano per naturale e spontaneo sviluppo.
Ma d'altra parte, siccome è
ancor più inutile scrivere per i disgraziati privi di sentimento e di senno,
niuna cosa ottiene minor premio quanto gettare buona semente in un terreno
sterile, ben vengano gli eletti.
Di essi è il regno della verità.
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