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Neera Il libro di mio figlio IntraText CT - Lettura del testo |
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La coscienza è tanto necessaria all'ingranaggio della vita che, per supplire alle deficienze naturali, si prevò il bisogno di stabilire quei vade mecum della coscienza che vengono chiamati Decalogo e Codice; come sarebbe a dire le dande dell'umanità, una specie di cercine contro le cadute. Ma a te sembra un uomo, un vero uomo, colui che cammina appoggiato solamente e ciò? Nella storia appaiono fiacchi ed imbelli quei popoli che accettano la tirannia di un re; forti quelli che si reggono da soli — onde il frequente giudizio che la repubblica sia il migliore dei governi per ogni popolo, mentre non la forma di governo è quella che importa, bensì la saggezza dei popoli. La forma anche qui, come nelle religioni, nelle arti, nella poesia, non è che la veste sotto la quale è necessario che palpiti un corpo ben conformato per dare impulso alla vita. È desso, il corpo, che deve plasmare ogni piega, ogni linea dell'involucro esteriore; ed è giudizio della più grossolana ignoranza credere che, mutando di abito, si mutino i nervi ed i muscoli. Io non so se nei secoli futuri si potrà far senza dei freni addentati ora con tanta violenza da coloro che si definiscono da sè stessi «i ribelli.» Ma veramente non si deve pretendere l'effetto prima della causa; allontanare il decalogo, il codice, il re, prima di avere, e fortemente, una coscienza. A questo ideale l'umanità non giungerà che assai tardi. Frattanto chi sa, chi può, deve applicare le sue forze non ad abbattere la palizzata dei doveri riconosciuti, la quale, se non risponde più ai bisogni moderni, cadrà da sè senza bisogno di Maramaldi; ma ad iniziare la più grande conquista dei secoli venturi: la coscienza individuale. Davide era un santo re, un uomo che viveva secondo le leggi di Dio; ma quando la legge di Dio si trovava in lotta colle sue passioni egli la metteva da parte, facendo uccidere con disinvoltura i mariti delle donne che gli piacevano. Sono costumi antichi che non differiscono molto dai moderni. Nessuna legge esterna può frenare validamente le tempeste del cuore e dei sensi. Il freno deve pur esso nascere in noi, far parte delle nostre sensazioni e dei nostri bisogni, essere un coefficiente primo del nostro perchè di vivere. L'onestà di un uomo, che mira ad essere qualcosa più del primo venuto si appoggia, non alle minacce del castigo, non agli allettamenti del premio, ma alla rivolta di tutto il suo ente superiore contro l'ente inferiore. Senza questa necessità dell'animo non ci potremo mai chiamare interamente onesti. Somiglieremo ai cani che si illudono di essere liberi perchè scorrazzano per le vie, ma che hanno la museruola.
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