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Neera
Il libro di mio figlio

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Amando e cercando i nostri simili dobbiamo però inoltrarci colla stessa prudenza che ci guida attraverso un ospedale, dove noi passiamo accanto ai tifosi ed ai vaiolosi guardandoci bene dall'assorbirne l'infezione.

Non altrimenti va inteso il precetto di Orazio: Odi profanum vulgus et arceo. Non disprezzare il volgo, ma non averne bisogno, non subirne le debolezze, non lasciarti trascinare.

Fuggi la messa in iscena, la pompa, l'apparenza, la polvere negli occhi; ciò che brilla, che scoppietta, che abbaglia, che stordisce, che frastuona; i cerretani politici e i cerretani della morale: tutti quelli che fanno ballare le scimmie vestite da uomo.

Modesta la parola e alta l'idea. Così nei tempi splendidi consacrati dalla storia usavano i padri nostri. Così dobbiamo usare noi, se di quegli uomini sentiamo il cuore e l'intelletto.

Continuando il paragone dell'ospedale, ti dirò, che non deve aggirarsi tra la folla chi non abbia i disinfettanti con sè e robusto il temperamento.

Per questo il debole leggero si getta spensieratamente nel mondo; il debole prudente lo schiva; solo il forte lo affronta e ne esce incolume.

Il forte assomiglia a una lama di tersissimo acciaio; i putridumi vi passan sopra senza intaccarla.

 

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