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Aristotele
Poetica

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9. Storia e poesia

Da quel che abbiamo detto, risulta manifesto anche questo: che compito del poeta è di dire non le cose accadute ma quelle che potrebbero accadere e le possibili secondo verosimiglianza e necessità. Ed infatti [1451 b] lo storico e il poeta non differiscono per il fatto di dire l’uno in prosa e l’altro in versi (giacché l’opera di Erodoto, se fosse posta in versi, non per questo sarebbe meno storia, in versi, di quanto non lo sia senza versi), ma differiscono in questo, che l’uno dice le cose accadute [5] e l’altro quelle che potrebbero accadere. E perciò la poesia è cosa più nobile e più filosofica della storia, perché la poesia tratta piuttosto dell’universale, mentre la storia del particolare. L’universale poi è questo: quali specie di cose a quale specie di persona capiti di dire o di fare secondo verosimiglianza o necessità, al che mira [10] la poesia pur ponendo nomi propri, mentre invece è particolare che cosa Alcibiade fece o che cosa patì.

Nella commedia ciò è ormai diventato evidente, giacché dopo aver composto il racconto per mezzo di fatti verosimili, mettono dei nomi così come capita, e non poeteggiano attorno al particolare come i giambografi. [15] Nella tragedia invece si attengono a nomi esistenti e la causa ne è che è credibile quel che è possibile, e mentre per le cose che non sono accadute non ci fidiamo ancora che siano possibili, è manifesto che sono possibili quelle accadute; ed infatti non sarebbero accadute se fossero state impossibili. Ciononostante anche in alcune tragedie uno o [20] due sono nomi conosciuti mentre gli altri sono inventati, ed in altre di conosciuti non ce n’è nessuno, come ad esempio nell’Anteo di Agatone, giacché in questo sia i fatti sia i nomi sono egualmente inventati e cionondimeno la tragedia piace. Cosicché non è affatto vero che si debba cercare di attenersi ai miti tradizionali, di cui son solite trattare le tragedie. [25] Ed infatti cercarlo sarebbe ridicolo, visto che le cose note lo sono soltanto a pochi, e tuttavia piacciono a tutti.

È dunque chiaro da quanto si è detto che il poeta deve essere facitore piuttosto di racconti che non di metri in quanto è poeta rispetto all’imitazione ed egli imita le azioni. Se dunque càpiti che egli faccia poesia su cose accadute, [30] non per questo è meno poeta, giacché niente vieta che alcune delle cose accadute siano tali quali è verosimile che accadessero, ed in questa misura ne sarà il facitore.

Dei racconti e delle azioni semplici, quelli episodici sono i peggiori; chiamo infatti "episodico" quel racconto in cui non c’è né verosimiglianzanecessità che gli episodi [35] si susseguano in un certo modo. Racconti di questo tipo sono fatti da poeti cattivi per colpa loro e da poeti buoni per colpa invece degli attori. Giacché, componendo pezzi ad effetto e tirando per le lunghe il racconto oltre ogni possibilità, [1452 a] spesso sono costretti a sconvolgere la successione dei fatti.

Ma, poiché la tragedia è imitazione non soltanto di un’azione compiuta, ma anche di casi terribili e pietosi, questo effetto nasce soprattutto quando i fatti si svolgono gli uni dagli altri contro l’aspettativa, giacché avranno a questo modo ben più del sorprendente [5] che se si producessero per caso o fortuitamente; ed infatti anche degli eventi fortuiti sembrano più sorprendenti quelli che appaiono prodursi come di proposito, come quando, per esempio, in Argo la statua di Miti cadde addosso al colpevole della morte di Miti che la stava guardando, e l’uccise; e infatti sembra che fatti come questo [10] non avvengano a caso, cosicché segue di necessità che i racconti di questo genere siano i più belli.

 




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