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Aristotele Poetica IntraText CT - Lettura del testo |
A che cosa si debba mirare e da che cosa guardarsi nel comporre i racconti e donde derivi l’effetto proprio della tragedia [30] si deve dire in seguito a ciò che abbiamo detto or ora.
Poiché la composizione della tragedia più bella deve essere complessa e non semplice ed inoltre la tragedia deve essere imitazione di casi che destano terrore e pietà (giacché questo è proprio di una tale imitazione), in primo luogo è chiaro che non si debbono mostrare né uomini dabbene [35] che passino dalla fortuna alla sfortuna, perché questa è cosa che non desta né terrore né pietà ma ripugnanza; né uomini malvagi che passino dalla sfortuna alla fortuna, perché questo è il caso meno tragico di tutti in quanto non ha niente di quel che dovrebbe avere, non destando né simpatia umana [1453 a] né pietà né terrore; ma nemmeno deve essere un uomo molto malvagio a cadere dalla fortuna nella sfortuna, perché una simile composizione avrebbe sì la simpatia umana, ma non il terrore né la pietà, dei quali l’una si riferisce a chi cade in disgrazia innocente e l’altro a chi vi cade essendo simile a noi; [5] la pietà cioè si riferisce all’innocente mentre il terrore al nostro simile, di modo che il caso in questione non sarà né pietoso né terribile. Non resta dunque che colui che si trova nel mezzo rispetto a questi estremi, e tale è chi né si distingue per virtù e per giustizia né cade nella disgrazia per causa del vizio e della malvagità, ma per [10] un qualche errore, sul tipo di coloro che si trovano in grande reputazione e fortuna, come ad esempio Edipo e Tieste ed altri uomini illustri di casate come queste.
È dunque necessario che un racconto ben fatto sia piuttosto semplice che non duplice, come invece dicono alcuni, e che tratti di un rovesciamento non dalla sfortuna alla fortuna ma al contrario [15] dalla fortuna alla sfortuna, e non a motivo della malvagità ma per un grande errore di un uomo come si è detto e di uno piuttosto migliore che peggiore dell’ordinario. Ne è prova quel che è accaduto, perché dapprima i poeti contavano su racconti come capitava, mentre ora le tragedie più belle sono quelle composte attorno a poche casate, [20] ad esempio le stirpi di Alcmeone, di Edipo, di Oreste, di Meleagro, di Tieste, di Telefo ed a quante altre capitò di patire o di fare cose terribili.
La tragedia dunque più bella rispetto all’arte è quella che nasce da una simile composizione, e perciò commettono un errore coloro che di ciò accusano Euripide, perché fa proprio questo [25] nelle sue tragedie e perché molte di esse finiscono con la sfortuna. Questo infatti, come si è detto, è giusto e se ne ha una prova grandissima nel fatto che sono proprio le tragedie di questo genere quelle che risultano le più tragiche sulla scena e negli agoni, quando siano ben allestite, ed Euripide, anche se non tratta bene il resto, risulta il più tragico [30] dei poeti.
Al secondo posto viene invece quella composizione, che da alcuni è considerata la prima, e cioè quella che ha un racconto duplice, come l’Odissea, e che finisce in un modo contrario per i buoni e per i cattivi. Sembra essere la prima a motivo della debolezza del pubblico, giacché i poeti [35] si adeguano agli spettatori componendo secondo le loro richieste. Ma questo non è il piacere che deriva dalla tragedia, piuttosto quello proprio della commedia: perché in quest’ultima anche quelli che nel mito sono nemicissimi tra loro, come Oreste ed Egisto, alla fine se ne escono divenuti amici e nessuno muore ad opera di nessuno.