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Aristotele
Poetica

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14. Pietà e terrore

[1453 b] È possibile che quanto produce terrore e pietà nasca dalla messa in scena, ma è anche possibile che derivi dalla stessa composizione dei fatti, il che è preferibile ed è proprio di un poeta migliore. Giacché il racconto deve essere così costituito che, anche senza vedere la scena, [5] chi ascolta i fatti che accadono, a motivo degli avvenimenti stessi, frema di orrore e di pietà: sentimenti che certo si proverebbero se si ascoltasse la storia di Edipo. Mentre il procurare questi affetti per mezzo della messa in scena è meno artistico e bisognevole della regia. Quanto poi a quelli che per mezzo della messa in scena procurano non il terrore, ma ciò che è soltanto mostruoso, questi [10] non hanno niente a che fare con la tragedia. Giacché non è che si debba ricercare ogni e qualsiasi piacere possa derivare dalla tragedia, ma quello soltanto che le è proprio. Poiché dunque il poeta quel piacere che nasce dal terrore e dalla pietà deve procurarlo attraverso l’imitazione, è manifesto che questo si deve fare con le azioni.

Consideriamo dunque quali delle occasioni risultano terribili e [15] quali miserevoli. È necessario che azioni di questo genere siano di persone che tra di loro sono amici o nemici o né l’uno né l’altro. Quando dunque è un nemico che agisce nei confronti di un nemico, non vi è niente che desti pietà, o che lo faccia o che stia soltanto per farlo, all’infuori del fatto orrendo in se stesso; e nemmeno quando non siano né amicinemici; quando invece questi fatti orrendi avvengono tra amici, [20] come ad esempio quando sia ad uccidere, o stia per farlo, il fratello il fratello, o il figlio il padre, o la madre il figlio, o il figlio la madre, o stia per fare qualche altra cosa egualmente orrenda, questi sono i casi che si devono ricercare. Perciò non si possono mutare i miti tradizionali, parlo ad esempio di Clitennestra che è uccisa da Oreste, e di Erifile da Alcmeone, [25] ed il compito del poeta è quello di trovare questi miti così come sono tramandati e di sapersene servire bene.

Ma che cosa intendiamo con "bene"? Cerchiamo di dirlo in modo più chiaro. È infatti possibile che l’azione avvenga nel modo tenuto dagli antichi che rappresentavano personaggi pienamente consapevoli, come ha fatto anche Euripide nel rappresentare Medea che uccide i proprii figli, [30] ma è anche possibile che si agisca senza sapere che si sta compiendo un’azione terribile, e venire a conoscere, soltanto dopo, la relazione di parentela, come succede all’Edipo di Sofocle; in questo caso l’evento terribile accade fuori del dramma, mentre accade nella stessa tragedia ad esempio all’Alcmeone di Astidamante o al Telegono nell’Odisseo ferito. E c’è anche un terzo caso, oltre questi, quello di chi sta [35] per fare qualcosa di irrimediabile per ignoranza e poi riconosce la vittima prima di compiere l’azione.

Ed oltre queste, non ci sono altre possibilità, perché è necessario che o si agisca o non si agisca, e, o sapendo o non sapendo. Di questi casi lo stare per agire conoscendo e poi non agire è il peggiore, giacché c’è l’elemento ripugnante ma non il tragico in quanto manca il fatto orrendo; e perciò nessuno [1454 a] fa a questo modo, se non di rado, come ad esempio, nell’Antigone, Emone nei confronti di Creonte. Come secondo viene il caso di chi agisce, ma il migliore è quello di chi agisce non conoscendo ma poi riconosce dopo aver agito; non c’è infatti niente di ripugnante e il riconoscimento fa colpo. Ma il migliore di tutti [5] è l’ultimo caso, voglio dire per esempio, nel Cresfonte, il caso di Merope che sta per uccidere il figlio e invece non l’uccide ma lo riconosce, e cosi, nell’Ifigenia, il caso della sorella nei confronti del fratello e, nell’Elle, quello del figlio che, mentre sta per consegnare la madre ai nemici, la riconosce. Perciò, come si è detto innanzi, le tragedie si riferiscono [10] a non molte famiglie, giacché nella loro ricerca i poeti trovarono non per arte ma per caso nei miti come procurare situazioni simili e furono così costretti a far ricorso a queste casate, a quante fra di esse accadevano simili fatti orrendi.

Attorno dunque alla composizione delle azioni ed a quali debbono essere i racconti [15] si è detto a sufficienza.

 




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