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Aristotele Poetica IntraText CT - Lettura del testo |
15. I caratteri nella tragedia
Quanto ai caratteri, quattro sono le cose a cui si deve mirare, di cui una, e la prima, è che siano buoni. Il personaggio avrà poi un carattere se, come si è detto, il suo discorso e la sua azione rendono manifesta una qualche risoluzione e, se questa è buona, buono sarà il carattere. E ciò è possibile [20] in ciascuna condizione, perché buona lo è anche la donna e buono lo schiavo, benché di questi l’una sia inferiore e l’altro di infimo rango.
La seconda cosa a cui si deve mirare è la convenienza, perché è anche possibile che una donna sia di carattere coraggioso, ma non è conveniente per una donna essere fino a questo punto coraggiosa o fiera.
La terza è la somiglianza, e questa è cosa diversa [25] dal fare il carattere buono e conveniente come si è detto.
Quarta è la coerenza, giacché anche se il modello dell’imitazione sia una persona incoerente e si sia supposto un tale carattere, deve essere coerentemente incoerente.
Un esempio di malvagità di carattere non necessaria è il Menelao dell’Oreste, [30] di carattere non conveniente e inadatto il lamento di Odisseo nella Scilla e la tirata di Melanippe, di incoerente la protagonista di Ifigenia in Aulide, perché la donna che supplica non somiglia affatto a quella di poi.
Anche nei caratteri così come nella composizione delle azioni occorre cercare sempre il necessario o il verosimile di modo che sia necessario o verosimile [35] che uno così e così dica e faccia cose così e così, ed anche che sia necessario o verosimile che questo accada dopo quello.
È manifesto dunque che anche lo scioglimento del racconto deve avvenire in forza dello stesso [1454 b] racconto e non ex machina come accade nella Medea e come nella scena dell’imbarco nell’Iliade. Ma di un artificio meccanico ci si deve servire per le cose che sono fuori dell’azione drammatica: o per quelle che avvennero prima e che non sia possibile che un uomo conosca, o per quelle che avverranno dopo [5] e che richiedono la profezia e l’annunzio, giacché il vedere tutto lo attribuiamo agli dèi. Comunque, niente di irrazionale deve esserci nell’azione e, se questo non è possibile, avvenga almeno fuori della tragedia come nell’Edipo di Sofocle.
Poiché poi la tragedia è imitazione di uomini migliori di noi, si debbono imitare i buoni ritrattisti, [10] giacché questi, riproducendo la forma propria di ciascuno, nel farlo simile, lo dipingono più bello. Allo stesso modo il poeta, imitando persone iraconde e accidiose e che abbiano qualità simili, pur essendo tali, deve farli nobili. † un esempio di durezza è come Achille buono [15] anche Omero † .
A tutte queste cose dunque occorre guardare ed inoltre a quelle che offendono le sensazioni che di necessità si accompagnano alla poesia, giacché anche in questo spesso è possibile sbagliarsi; ma su questi argomenti è stato detto a sufficienza nelle opere pubblicate.