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Aristotele
Poetica

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18. Nodo e scioglimento. Altre regole

In tutte le tragedie c’è una parte che è il nodo ed una che è lo scioglimento; [25] il nodo è costituito dagli eventi che sono fuori della tragedia e spesso da alcuni che sono dentro, il resto è lo scioglimento. Voglio dire che il nodo è quella sezione che va dall’inizio dei fatti fino a quella parte che è l’ultima rispetto al punto in cui la vicenda muta dalla fortuna alla sfortuna, mentre lo scioglimento va dal principio di questo mutamento alla fine. Nel Linceo di Teodette ad esempio [30] il nodo è costituito dall’antefatto e dalla cattura del bambino ** mentre lo scioglimento va dall’accusa capitale sino alla fine.

Le specie della tragedia sono quattro (perché altrettante si disse esserne le parti): quella complessa in cui sono tutto la peripezia e il riconoscimento; la tragedia dell’orrore, come i vari Aiace e [1456 a] Issione; quella di carattere, come le Ftiotidi e il Péleo; e la quarta†, come le Forcidi e il Prometeo e quante si svolgono nell’Ade. E dunque ci si deve sforzare al massimo per riunire tutti questi aspetti o almeno i più importanti e il maggior numero possibile, [5] specialmente oggi che i poeti vengono denigrati; giacché, essendoci stati nel passato autori bravi nei singoli aspetti, si pretende che un solo poeta la vinca su ciascuno dei predecessori nel proprio pregio rispettivo.

È anche giusto giudicare una tragedia diversa o eguale ad un’altra per nient’altro che per il racconto, e cioè quando siano gli stessi il nodo e lo scioglimento. Molti sanno costruire bene il nodo [10] ma male lo scioglimento, mentre in realtà ambedue le doti dovrebbero combinarsi assieme.

Bisognerebbe anche ricordarsi di quel che è stato detto più volte e di non fare di una composizione epica una tragedia – e chiamo composizione epica quella a racconto multiplo – come ad esempio se si volesse fare un unico racconto dell’intera Iliade: giacché in questa, a motivo della sua lunghezza, le parti possono ottenere la grandezza conveniente, mentre nei [15] drammi il risultato delude l’aspettativa. La prova ne è il fatto che quanti hanno composto una Distruziorte di Ilio per intero e non spezzandola in parti come Euripide, o una Niobe e non come ha fatto Eschilo, o sono caduti o hanno avuto un cattivo esito nelle gare, dacché anche Agatone cadde per questo solo difetto.

Ma nelle peripezie e nelle [20] azioni semplici i poeti ottengono l’effetto voluto mediante l’uso del sorprendente, giacché questo è l’elemento tragico e capace di destare umana simpatia. E questo accade quando un uomo intelligente ma malvagio venga ingannato, come Sisifo, o uno valoroso ma ingiusto soccomba; e un caso simile è anche verosimile, perché, come dice Agatone, è del tutto verosimile che accadano [25] anche casi contrari al verosimile.

Anche il coro poi occorre considerarlo come uno degli attori e bisogna che sia una parte integrante del tutto e che intervenga nell’azione, non come in Euripide ma come in Sofocle. Nei poeti posteriori le parti cantate appartengono al racconto non più che ad un’altra tragedia, e così cantano una specie di intermezzo, avendo per primo iniziato [30] a far così Agatone. Eppure qual è la differenza tra il cantare intermezzi e l’adattare da una tragedia ad un’altra una parlata o un intero episodio?

 




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