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Aristotele Poetica IntraText CT - Lettura del testo |
19. Il pensiero e l’elocuzione
Degli altri elementi essenziali si è parlato ma resta da dire dell’elocuzione e del pensiero. Le questioni concernenti il pensiero debbono trovare il loro posto nei [35] libri della Retorica, giacché si tratta di una materia che è piuttosto propria di quella ricerca. Rientra poi nella trattazione del pensiero tutto quanto deve essere procurato dal discorso. Ne sono parti il dimostrare, il confutare, il procurare emozioni (come [1456 b] ad esempio la pietà o il terrore o l’ira e così via) ed ancora l’amplificazione e la diminuzione.
È chiaro che anche nelle azioni bisogna fare così partendo dagli stessi principi quando si debbano procurare effetti di pietà o di terrore o di grandiosità o di verosimiglianza, sennonché la cosa tanto differisce [5] che in questo caso i sentimenti si debbono manifestare senza bisogno dell’insegnamento, mentre nel discorso sono procurati da chi discorre e si generano ad opera del discorso. Giacché quale sarebbe la funzione di chi discorre se la cosa già si manifestasse come doveva e non per mezzo del discorso?
Delle questioni che riguardano l’elocuzione una branca della ricerca è costituita dalle figure dell’elocuzione, [10] che è cosa che deve sapere l’attore e chi di quest’arte possiede una conoscenza professionale, come ad esempio che cosa sia il comando e che cosa la preghiera, e così anche per la narrazione, la minaccia, la domanda, la risposta e quant’altro rientra in questo genere di cose. Giacché a motivo della conoscenza o dell’ignoranza di queste cose non si porta nei confronti dell’arte poetica nessuna critica degna di seria considerazione. [15] E, difatti, chi potrebbe ammettere che Omero sia incorso nell’errore rimproveratogli da Protagora e cioè che, pensando di pregare, invece comanda dicendo "l’ira cantami, o dea"? Giacché – osserva Protagora – il dire di fare o non fare una cosa è un comando.
E perciò lasciamo questa ricerca come propria di un’altra arte e non di quella poetica.