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Aristotele Poetica IntraText CT - Lettura del testo |
26. La superiorità della tragedia sull’epopea
Si potrebbe discutere se sia migliore l’imitazione epica o quella tragica.
Giacché, se migliore è quella meno volgare, e tale è sempre l’imitazione che si rivolge a spettatori migliori, risulta fin troppo chiaro che la poesia che imita tutto è volgare; giacché, come se gli spettatori non riuscissero a capire [30] se l’attore non vi aggiungesse qualcosa, gli attori fanno movimenti di ogni genere, come i cattivi flautisti che si mettono a ruotare se debbono rappresentare il disco o si mettono a tirare il corifeo se debbono suonare la Scilla. Tale dunque è la tragedia come gli attori di prima giudicavano quelli venuti dopo di loro, ed infatti Minnisco [35] chiamava scimmia Callippide per la sua esagerazione, e tale era anche l’opinione su Pindaro [1462 a]. Come dunque gli attori moderni stanno agli antichi, così l’intera arte tragica sta nei confronti dell’epopea, e dunque dicono che mentre quest’ultima si rivolge ad un pubblico scelto che non ha bisogno di figurazioni, l’arte tragica si rivolge a gente dappoco; e perciò, se la tragedia è volgare, è chiaro che sarebbe peggiore.
[5] Ma in primo luogo l’accusa concerne non l’arte poetica ma la recitazione, giacché anche il rapsodo può esagerare nei gesti, come è il caso di Sosistrato, ed anche il cantore, come faceva Mnasiteo di Opunte. Inoltre non ogni movimento è da biasimare, se è vero che non lo è la danza, ma soltanto quello degli attori dappoco, il che veniva rimproverato a Callippide [10] ed anche ad altri attori di oggi come se imitassero donne poco perbene. Inoltre la tragedia produce il suo effetto anche senza movimento, proprio come l’epopea, giacché attraverso la semplice lettura si manifesta per quel che è. Se dunque in tutto il resto è migliore, ciò a cui si riferisce la critica non le appartiene di necessità.
In secondo luogo la tragedia ha tutto quello che ha l’epopea [15] (e può servirsi perfino dello stesso metro) ed ha inoltre come sua parte non secondaria la musica che suscita piaceri nel modo più evidente; e poi la tragedia possiede anche una grande evidenza sia alla lettura sia nell’azione scenica.
Inoltre la tragedia è superiore per il fatto che il fine dell’imitazione è raggiunto in una estensione più breve [1462 b] (quel che è più compatto riesce più piacevole di quel che è più diluito nel tempo, dico per esempio se si traducesse l’Edipo di Sofocle in tanti esametri quanti ne ha l’Iliade).
Ed ancora l’imitazione dell’epopea ha minore unità (ne è prova che da una qualsiasi [5] epopea si possono trarre più tragedie), così che se i poeti epici componessero con un unico racconto, questo, o esposto brevemente apparirà monco, o adattato alla lunghezza del metro apparirà annacquato. Voglio riferirmi al caso in cui il poema risulti composto da più azioni, come l’Iliade che ha molte di queste parti, e cosi l’Odissea – parti che in sé considerate [10] hanno grandezza –; pure questi poemi sono costruiti nel modo migliore possibile e ciascuno è nel massimo grado imitazione di una sola azione.
Se dunque per tutti questi aspetti differisce la tragedia ed ancora per l’effetto dell’arte (giacché debbono produrre non già un piacere purchessia ma quello di cui si è detto), è manifesto che essa è superiore conseguendo [15] il fine meglio dell’epopea.
Questo è quanto avevo da dire dire sulla tragedia e sull’epopea, sulle loro differenze specifiche e sulle parti e quante sono e in che differiscono e su quali sono le cause del valore positivo e del negativo e attorno alle accuse e alle soluzioni di esse.