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Aristotele
Poetica

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2. Divisione dell’imitazione rispetto all’oggetto

[1448 a] Poiché quelli che imitano, imitano uomini che agiscono ed è necessario che questi siano persone o nobili o spregevoli (ed infatti quasi sempre i caratteri si riconducono a questi due soli, giacché tutti, quanto al carattere, differiscono per il vizio e la virtù), imiteranno uomini o migliori dell’ordinario o peggiori [5] o quali noi siamo, come fanno i pittori. Polignoto infatti rappresenta uomini migliori, Pausone peggiori, Dionisio simili. È chiaro dunque che ciascuna delle imitazioni suddette avrà queste differenze e pertanto l’una sarà diversa dall’altra per il fatto che imita oggetti diversi.

Ed infatti perfino nella danza, nell’auletica e [10] nella citaristica si possono dare queste dissimiglianze e cosi anche nelle opere in prosa o soltanto in versi, come ad esempio Omero imitò uomini migliori, Cleofonte simili, ma peggiori Egemone di Taso, che per primo compose parodie, e Nicorache, l’autore della Deiliade. Lo stesso vale per i ditirambi e per i [15] nòmi, giacché si potrebbero imitare personaggi al modo tenuto da Timoteo e Filosseno nei loro Ciclopi.

In questa differenza sta anche il divario tra la tragedia e la commedia, giacché l’una tende ad imitare persone migliori, l’altra peggiori di quelle esistenti.

 




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