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Aristotele
Poetica

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7. Il racconto

Dopo aver definito queste cose, diciamo quale debba essere la composizione dei fatti, giacché questa è la parte prima e più importante della tragedia.

È stato da noi convenuto che la tragedia è imitazione di un’azione compiuta e costituente un tutto che [25] abbia una certa grandezza, giacché può esserci anche un tutto che non ha nessuna grandezza. Ma il tutto è ciò che ha principio, mezzo e fine. Principio è quel che non deve di necessità essere dopo altro, mentre dopo di esso per sua natura qualche altra cosa c’è o nasce; fine al contrario è quel che per sua natura è dopo altro o [30] di necessità o per lo più, mentre dopo di esso non c’è niente; mezzo poi è quel che è esso stesso dopo altro e dopo di esso c’è altro. E dunque i racconti composti bene non debbono né incominciare donde càpita né finire dove càpita, ma valersi delle forme ora indicate.

Ancora, ciò che è bello, sia un animale sia ogni altra cosa [35] costituita di parti, deve avere non soltanto queste parti ordinate al loro posto, ma anche una grandezza che non sia casuale; il bello infatti sta nella grandezza e nell’ordinata disposizione delle parti, e perciò non potrebbe essere bello né un animale piccolissimo (perché la visione si confonde attuandosi in un tempo pressoché impercettibile) né uno grandissimo (perché [1451 a] la visione non si attua tutta assieme e per chi guarda vengono a mancare dalla visione l’unità e la totalità) come se per esempio fosse un animale di diecimila stadii. Dimodoché, come per i corpi inanimati e gli animali deve esserci sì una grandezza, ma che sia facile ad abbracciarsi con lo sguardo, [5] così anche per i racconti deve esserci una lunghezza, ma che sia facile ad abbracciarsi con la memoria.

Ma la questione del limite della lunghezza, quando questo sia riferito ai concorsi drammatici e alla sensibilità degli spettatori, non appartiene all’arte; se infatti occorresse rappresentare cento tragedie, si dovrebbe ricorrere alla clessidra, come appunto dicono che talvolta in qualche occasione si sia fatto. Quanto invece al limite secondo la [10] natura stessa della cosa, il racconto, rispetto alla grandezza, tanto più è bello quanto più è lungo, a condizione però che riesca chiaro nell’assieme. Ma, per definire la cosa in generale, quella grandezza in cui, svolgendosi di seguito gli eventi secondo verosimiglianza o necessità, sia dato di passare dalla sfortuna alla fortuna o dalla fortuna alla sfortuna, [15] è il limite giusto della grandezza.

 




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