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Aristotele
Etica a Nicomaco

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6. [L’affabilità].

Nelle compagnie, nel vivere insieme, nei rapporti reciproci attraverso le parole e le azioni, alcuni sono ritenuti compiacenti, cioè quelli che per far piacere lodano tutto e non contraddicono in nulla, ma pensano loro dovere non procurare alcuna molestia a quelli che incontrano; altri che, al contrario dai precedenti, [15] contraddicono in tutto e non si rendono conto per niente di procurare molestia, sono chiamati scorbutici e litigiosi. Che, dunque, le suddette disposizioni sono da biasimare è chiaro; ed è chiaro che è da lodare quella di mezzo, in conformità con la quale si accetterà ciò che si deve e come si deve, e ci si inquieterà allo stesso modo. Ad essa non è stato dato un nome, [20] ma ciò a cui somiglia di più è l’amicizia. Infatti, colui che si conforma a questa disposizione mediana è quel tipo di uomo che noi vogliamo intendere quando diciamo "buon amico", se si aggiunge l’affetto. Essa, poi, differisce dall’amicizia, perché è priva di sentimento e di affetto per coloro con cui è in relazione: infatti, non è per l’amore o per l’odio che si accetta come si deve ciascun tipo di comportamento, ma per il fatto di avere questa disposizione. [25] Ci si comporterà allo stesso modo, infatti, con sconosciuti e con conoscenti, con familiari e con estranei, salvo a comportarsi in ciascun tipo di relazione come a questa si conviene: non è conveniente, infatti, avere la stessa cura o la stessa preoccupazione per familiari e per forestieri. In generale, dunque, si è detto che quest’uomo si comporterà in compagnia come si deve, ma sarà riferendosi al bello e all’utile che egli mirerà [30] a non dare molestia o a rendersi gradevole agli altri. Sembra, infatti, che tale virtù riguardi i piaceri e i dolori che si producono nelle compagnie: prova repulsione per tutte quelle compagnie in cui per lui non è bello o è dannoso rendersi gradevole, e preferisce riuscire molesto. Se, invece, a chi la compie l’azione porta vergogna, e vergogna non piccola, oppure danno, mentre il contrastarla porta [35] solo un piccolo dolore, non vi acconsentirà, ma vi si opporrà. Avrà, poi, rapporti differenti con persone di rango elevato e con gente qualsiasi, [1127a] con le persone più note e con quelle meno note, e così via, a seconda delle altre distinzioni, attribuendo a ciascuna categoria di persone ciò che si conviene. Ritiene preferibile in sé rendersi gradevole e stare attento a non risultare molesto, tenendo come guida le conseguenze, quando queste sono più importanti del piacere e del dolore, [5] cioè il bello e l’utile. Inoltre, in vista di un grande piacere futuro saprà arrecare anche piccole molestie. Tale è, dunque, l’uomo che qui occupa la posizione di mezzo, la quale però non ha nome. Di coloro che si rendono gradevoli agli altri, quello che mira ad essere piacevole senz’altro scopo è un uomo compiacente, ma quello che lo fa per procurarsi qualche vantaggio, sia in denaro sia in beni acquistabili col denaro, [10] è un adulatore. Chi, invece, è sgradevole in tutti i casi si è detto che è scorbutico e litigioso. Gli estremi, infine, sembrano a prima vista contrapposti tra di loro, per il fatto che il mezzo non ha un proprio nome.

 




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