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Aristotele Etica a Nicomaco IntraText CT - Lettura del testo |
8. [Politica e saggezza come conoscenza del particolare].
La politica e la saggezza sono la stessa disposizione, benché la loro essenza non sia la stessa. La saggezza che ha per oggetto [25] una città, in quanto architettonica 165, è saggezza legislativa; ma in quanto riguarda gli atti particolari, ha il nome comune di saggezza politica. Quest’ultima riguarda l’azione e la deliberazione: il decreto, infatti, è oggetto dell’azione in quanto è l’ultimo termine della deliberazione. È per questo che solo coloro che deliberano sui casi particolari si dice che fanno politica: questi infatti sono i soli ad agire come fanno gli artigiani. Ma comunemente si ritiene [30] anche che la saggezza sia soprattutto quella che riguarda in modo esclusivo l’individuo stesso; e questa ha il nome comune di saggezza; il nome, poi, delle altre forme è "amministrazione familiare" o "legislazione" o "politica", e quest’ultima si divide in "deliberativa" e "giudiziaria". E una forma di conoscenza sarà, sì, quella di sapere ciò che è utile a se stessi, ma è molto diversa. [1142a] E si ritiene che sia saggio colui che conosce il suo interesse e se ne occupa a fondo, mentre gli uomini politici si occupano di un sacco di cose. Perciò Euripide dice:
"Come potrei essere saggio io che avrei potuto,
semplice numero tra i tanti nell’esercito,
partecipare di un ugual diritto? [...] [5]
Giacché coloro che aspirano troppo in alto e fanno il di più…" 166.
Costoro, infatti, cercano ciò che è bene per loro, e credono che sia questo che devono fare. Da questa opinione, dunque, è derivata la credenza che i saggi siano questi. Eppure il bene dell’individuo non può certo sussistere senza amministrazione familiare [10] e senza costituzione politica. Inoltre, in che modo bisogna amministrare i propri interessi non è una cosa evidente, e va fatta oggetto di indagine.
Prova, poi, di ciò che abbiamo detto è anche il fatto che i giovani sono geometri o matematici o sapienti in materie del genere, ma non si pensa che un giovane sia saggio. Il motivo è che la saggezza riguarda anche i particolari, i quali diventano [15] noti in base all’esperienza, mentre il giovane non è esperto: infatti, è la lunghezza del tempo che produce l’esperienza. Perché ci si potrebbe chiedere anche questo: per quale ragione un ragazzo può essere un matematico, ma non un sapiente o un fisico? Non si deve forse rispondere che gli oggetti della matematica derivano dall’astrazione, mentre i principi della sapienza e della fisica si ricavano dall’esperienza, e che, mentre su questi ultimi i giovani non hanno convinzioni [20] ma si contentano di parole, degli oggetti matematici, invece, non ignorano l’essenza? Inoltre, nel deliberare, l’errore può riguardare sia l’universale sia il particolare: ci si può sbagliare, infatti, o nel dire che tutte le acque pesanti sono malsane, o nel dire che questa determinata acqua è pesante. Che la saggezza non sia scienza è manifesto: essa riguarda l’ultimo termine della deliberazione, come abbiamo detto, [25] giacché tale è l’oggetto dell’azione. Dunque, essa si contrappone all’intelletto: l’intelletto, infatti, ha per oggetto le definizioni, di cui non c’è dimostrazione, mentre la saggezza ha per oggetto l’ultimo particolare, di cui non c’è scienza ma sensazione, ma non sensazione dei sensibili propri, bensì quella mediante cui, in matematica 167, noi percepiamo che l’ultimo determinato particolare è un triangolo: anche là, infatti, ci si dovrà fermare. Ma quest’ultima 168 è più [30] sensazione che saggezza, e la forma dell’altra 169 è diversa.