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Aristotele Etica a Nicomaco IntraText CT - Lettura del testo |
6. [Incontinenza dell’impulsività e incontinenza dei desideri].
Ora vedremo che l’incontinenza [25] dell’impulsività è meno vergognosa di quella dei desideri. (1) Sembra, infatti, che l’impulsività dia ascolto in qualcosa alla ragione, ma la fraintenda, come i servi frettolosi che escono di corsa prima di aver sentito tutto quello che viene loro detto, e poi sbagliano l’esecuzione dell’ordine, e come i cani che, prima di aver visto se si tratta di un amico, si mettono ad abbaiare appena si batte ad una porta. Così [30] l’impulsività, per il calore e la vivacità della sua natura, sente, sì, ma non ascolta l’ordine e si precipita alla vendetta. Infatti, la riflessione o l’immaginazione si limitano a mostrare che c’è stata insolenza o disprezzo, l’impulsività, invece, come se giungesse con un ragionamento alla conclusione che bisogna combattere contro un simile trattamento, si eccita, per conseguenza, subito: il desiderio, poi, se [35] solo la riflessione o la sensazione dicono che questa cosa è dolce, si precipita a trarne godimento. [1149b] Cosicché l’impulsività segue in qualche modo la ragione, mentre il desiderio no. Dunque, l’incontinenza dei desideri è più vergognosa: l’incontinente nell’impulsività, infatti, soggiace in qualche modo alla ragione, mentre l’altro soggiace al desiderio e non alla ragione. (2) Inoltre, si perdona di più il fatto di seguire i desideri naturali, [5] poiché anche quando si tratta di desideri si perdona di più a quelli comuni a tutti gli uomini, e nella misura in cui sono comuni. Ora, l’impulsività e il cattivo carattere sono più naturali che non i desideri di ciò che è eccessivo e non necessario. Come quel tale che, accusato di picchiare il proprio padre, si difese dicendo: "Ma anche lui picchiava il suo", [10] e, additando il figlioletto, disse: "Anche lui picchierà me, quando sarà un uomo: è un’abitudine di famiglia, per noi!". E quell’altro che, mentre era trascinato fuori dal figlio, gli ordinò di fermarsi alla porta, perché lui stesso aveva trascinato suo padre solo fin là. (3) Inoltre, sono più ingiusti quelli che sono più subdoli. Orbene, l’impulsivo non è subdolo, e neppure l’impulsività, [15] ma è limpido; il desiderio, invece, è quello che si dice di Afrodite "tessitrice d’inganni, nata a Cipro" 198, e, come dice Omero a proposito del suo cinto trapunto:
"la seduzione che ruba il senno anche ai saggi " 199.
Per conseguenza, se è vero che quella incontinenza è più ingiusta di questa relativa all’impulsività, e anche più vergognosa, anzi essa è incontinenza in senso assoluto e [20] vizio, in qualche modo. (4) Inoltre, nessuno commette oltraggio soffrendo; ora, chiunque agisce in preda all’ira agisce soffrendo, mentre colui che oltraggia lo fa con piacere. Se, dunque, le cose più ingiuste sono quelle contro cui si ha perfettamente diritto di adirarsi, anche l’incontinenza causata dal desiderio sarà più ingiusta di quella causata dall’impulsività, giacché nell’impulsività non c’è intenzione oltraggiosa. Che, dunque, l’incontinenza relativa al desiderio è più vergognosa di quella relativa all’impulsività, [25] e che la continenza e l’incontinenza si riferiscono ai desideri ed ai piaceri del corpo, è chiaro.
Ma tra questi stessi piaceri si devono cogliere delle differenze. Come infatti si è detto all’inizio 200, alcuni sono umani e naturali, sia per genere sia per intensità, altri bestiali, altri, infine, sono dovuti a difetti di crescita e stati morbosi. [30] Ora, solo con i primi di questi hanno relazione la temperanza e l’intemperanza: perciò non diciamo temperanti né intemperanti anche le bestie, se non per metafora, cioè nel caso in cui qualche specie di animali, comparata nel suo insieme alle altre, si distingue per lascivia, istinto distruttivo e voracità: le bestie, infatti, non hanno né possibilità di scelta [35] né capacità di ragionamento, ma sono fuori dai confini della loro natura, come, [1150a] tra gli uomini, i dementi. La bestialità è un male minore del vizio, ma più temibile; infatti, nel caso delle bestie non è che ci sia stata corruzione della parte migliore, come nell’uomo, ma è che esse non ce l’hanno. Dunque, è lo stesso che mettere a confronto un essere privo di anima con uno che ne è fornito, e chiedersi quale è più cattivo: infatti, [5] la malvagità di un essere che non ha in sé il principio dell’azione è, sempre, più inoffensiva, e, d’altra parte, principio è l’intelletto. Quindi, è proprio come confrontare l’ingiustizia con un uomo ingiusto. Ciascuno dei due, infatti, è peggiore dell’altro, a suo modo, giacché un uomo cattivo farà infinitamente più male che una bestia.