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Aristotele
Etica a Nicomaco

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8. [L’amore per se stessi].

C’è, poi, un’altra questione: si deve amare soprattutto se stessi o un’altra persona? Infatti, coloro che amano soprattutto se stessi sono biasimati [30] e sono chiamati, in senso dispregiativo, egoisti, e si ritiene comunemente che l’uomo malvagio faccia tutto nell’interesse di se stesso, e tanto più quanto più è perverso (e perciò lo accusano, per esempio, di non far nulla 300 da sé). L’uomo virtuoso, invece, agisce per la bellezza morale, e tanto più per la bellezza quanto più è virtuoso, e a favore dell’amico, [35] mentre trascura il proprio interesse. Ma con queste teorie contrastano i fatti, [1168b] e non senza ragione. Dicono, infatti, che bisogna amare più di tutto chi è più di tutti amico, ed è amico più di tutti chi, quando vuole il bene di qualcuno, lo vuole proprio per lui, anche se nessuno lo verrà a sapere: ma questi sentimenti si incontrano soprattutto nel rapporto dell’uomo con se stesso, e, quindi, anche tutte le altre caratteristiche [5] in base alle quali si definisce l’amico. S’è già detto 301, infatti, che tutti i sentimenti d’amicizia hanno origine dall’uomo e poi si estendono agli altri. Ma anche i proverbi sono tutti della stessa opinione: per esempio, "un’anima sola", "le cose degli amici sono comuni", "amicizia è uguaglianza", "il ginocchio è più vicino della gamba". Tutto questo, infatti, si applica soprattutto al rapporto con se stessi, giacché [10] si è amici soprattutto di se stessi: per conseguenza, si deve anche amare soprattutto se stessi. Sorge, quindi, naturalmente il problema di decidere quale delle due correnti bisogna seguire, dal momento che entrambe hanno qualcosa di plausibile.

Orbene, si devono certamente distinguere tali teorie le une dalle altre e determinare fino a che punto ed in che senso le une e le altre colgono la verità. Se, dunque, riusciamo ad afferrare in che senso gli uni e gli altri intendono il termine "egoista", forse ciò diventerebbe chiaro. [15] Orbene, quelli che usano il termine in senso ingiurioso chiamano egoisti coloro che attribuiscono a se stessi la parte maggiore in fatto di ricchezza, di onori e di piaceri corporali: queste sono, infatti, le cose che i più desiderano e per le quali si danno da fare, considerandole beni supremi, ragion per cui ci sono anche delle contese. Quindi, quelli che se ne prendono una parte più grande indulgono [20] ai desideri ed in genere alle passioni, cioè all’elemento irrazionale dell’anima. Tale è la maggior parte degli uomini; ed è per questo che l’appellativo di "egoista" deriva dalla massa, che è cattiva: è quindi giusto che quelli che sono egoisti in questo modo vengano biasimati. Che poi sia la massa che è solita chiamare egoisti quelli che attribuiscono le cose suddette a se stessi, è chiaro; [25] se, infatti, uno si sforza sempre di compiere azioni giuste, lui più di ogni altro, oppure azioni temperanti o qualunque altro tipo di azione conforme alle virtù, ed in genere riserva sempre a sé ciò che è bello, nessuno lo chiamerà egoista né lo biasimerà.

Ma si riconoscerà che un tale uomo è "egoista" più dell’altro: in ogni caso, attribuisce sempre a sé le cose più belle [30] e i beni più autentici, e compiace alla parte più autorevole di se stesso, e le ubbidisce in tutto: ma come anche una città, ed ogni altro organismo, si pensa che sia soprattutto la sua parte più autorevole, così anche l’uomo; e, quindi, è "egoista" soprattutto chi ama questa sua parte e le compiace. Ed il continente e l’incontinente prendono il nome [35] dal fatto che l’intelletto sia dominante oppure no, perché si intende che ciascuno è il suo intelletto 302: [1169a] e si ritiene che siamo stati proprio noi a fare, cioè che abbiamo fatto volontariamente, soprattutto le azioni accompagnate da ragione. Che dunque ciascuno è, o è soprattutto, questa parte, è chiaro, ed è chiaro che l’uomo virtuoso ama soprattutto questa parte di sé. Perciò sarà lui l’autentico "egoista", ma di una specie diversa da quella di colui che viene biasimato, ed è tanto differente [5] da quello quanto il vivere secondo ragione lo è dal vivere secondo passione, e quanto desiderare ciò che è bello differisce dal desiderare ciò che si ritiene utile. Orbene, quelli che si danno particolarmente da fare per le azioni belle, tutti li approvano e li lodano: e se tutti gareggiassero per ciò che è moralmente bello e si sforzassero di compiere le azioni più belle, dal punto di vista della comunità, [10] tutto sarebbe come dovrebbe essere, e, dal punto di vista privato, ciascuno avrebbe i beni più grandi, se è vero, come è vero, che la virtù è un bene.

Cosicché l’uomo buono deve essere "egoista" (e, infatti, se compirà buone azioni, trarrà vantaggio lui stesso e gioverà agli altri); ma non deve esserlo il malvagio, giacché danneggerà se stesso ed il prossimo, perché segue passioni cattive. [15] Nell’uomo malvagio c’è dunque disaccordo tra ciò che deve fare e ciò che fa; l’uomo virtuoso, invece, fa quello che deve fare: ogni intelletto, infatti, sceglie ciò che per lui è la cosa migliore, e l’uomo virtuoso ubbidisce al suo intelletto. Ed è vero dell’uomo virtuoso che egli compie molte azioni in favore dei suoi amici e della patria, anche se dovesse [20] morire per loro: egli, infatti, lascerà ricchezza, onori ed in genere i beni che sono oggetto di contesa, riservando a se stesso ciò che è bello. Preferirà, infatti, godere intensamente per poco tempo piuttosto che debolmente per molto, e vivere in bellezza un solo anno piuttosto che molti anni in qualche modo, e compiere una sola grande e bella azione piuttosto che molte [25] piccole azioni. Certo, è questo risultato che ottengono coloro che sacrificano la propria vita: ciò che scelgono per sé è, quindi, qualcosa di grande e di bello. E darebbero la loro ricchezza purché gli amici ne acquistassero una più grande, giacché l’amico ottiene ricchezza, e lui ciò che è bello: per conseguenza, il bene più grande lo attribuisce a sé. E per quanto riguarda onori e cariche [30] è la stessa cosa: li lascerà, infatti, tutti all’amico; questo è bello per lui e degno di lode. Per conseguenza, è giusto che sia giudicato uomo di valore, dal momento che preferisce ciò che è bello ad ogni altra cosa. Ed è possibile che egli lasci all’amico anche le azioni, e può essere più bello per lui offrire all’amico l’occasione di agire, piuttosto che agire lui stesso. Quindi, in tutte le cose [35] degne di lode l’uomo di valore, manifestamente, attribuisce a se stesso la parte maggiore di ciò che è bello. [1169b] In questo modo, dunque, si deve essere "egoisti", come s’è detto: ma non bisogna esserlo come lo è la massa.

 




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