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Aristotele Etica a Nicomaco IntraText CT - Lettura del testo |
11. [Il defunto non è toccato, sostanzialmente, né dal bene né dal male dei discendenti].
Che poi le sorti dei discendenti e di tutti gli amici non importino per nulla è, manifestamente, affermazione troppo estranea all’amicizia e contraria alle opinioni correnti. Ma poiché gli eventi sono molti e presentano differenze di ogni tipo, [25] e poiché alcuni ci toccano più da vicino, altri meno, sarebbe manifestamente troppo lungo, anzi interminabile, analizzarli singolarmente, mentre può ben essere sufficiente quanto è stato detto in generale e schematicamente. Se, dunque, come delle sventure che ci colpiscono direttamente alcune hanno qualche peso e influenza sulla nostra vita, [30] mentre altre sembrano più leggere, così, allo stesso modo, avviene per quelle che colpiscono tutti gli amici; e se la differenza tra una sventura che capiti a persone vive e una sventura che riguardi defunti è molto più grande di quella che c’è nelle tragedie tra le azioni delittuose e terribili che ne costituiscono l’antefatto e quelle che vengono compiute sulla scena, bisognerà allora tener conto anche di questa differenza, e, certo ancor più, [35] del problema se i morti partecipino di qualche bene o di qualche male, oppure no. [1101b] Da quanto abbiamo detto, infatti, sembra derivare che, se qualcosa giunge a riguardare ancora i morti, bene o male che sia, si tratta di qualche debole o piccola cosa, sia in senso assoluto, sia relativamente a loro; e se no, è comunque di grandezza e natura tali da non poter rendere felici coloro che non lo sono, [5] né da poter strappare la felicità a coloro che sono felici. È dunque manifesto che hanno sì qualche importanza per i morti le fortune degli amici, come pure le loro disgrazie, ma che queste sono di natura e di importanza tali da non poter rendere felici coloro che non lo sono, né da produrre alcun altro cambiamento del genere.