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Aristotele
Etica a Nicomaco

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3. [Relazione del piacere e del dolore con la virtù].

D’altra parte, bisogna porre come segno distintivo delle disposizioni morali il piacere ed il dolore che si aggiungono [5] alle azioni: infatti, colui che si astiene dai piaceri del corpo e gode proprio di questa stessa astinenza è temperante, colui che, invece, lo fa contro voglia è intemperante, e chi affronta i pericoli e ne gode o almeno non ne soffre è coraggioso, chi lo fa soffrendo è vile. La virtù etica, infatti, ha a che fare con piaceri e dolori, giacché (1) è a causa [10] del piacere che compiamo le azioni malvagie, ed è a causa del dolore che ci asteniamo da quelle belle. Perciò bisogna essere guidati in un certo modo subito, fin da piccoli, come dice Platone 35, a godere e a soffrire di ciò che è conveniente: la retta educazione è, infatti, questa. (2) Inoltre, se le virtù hanno a che fare con azioni e passioni, e se ad ogni passione come ad ogni azione segue [15] piacere e dolore, anche per questo la virtù avrà a che fare con piaceri e dolori. (3) Lo rivelano anche le punizioni, in quanto si realizzano con questi mezzi: infatti le punizioni sono come una specie di cura, e la cura, per sua natura, si attua per mezzo dei contrari. (4) Inoltre, come anche recentemente dicevamo 36, ogni disposizione dell’anima attua la sua natura in riferimento e in relazione a ciò da cui può essere naturalmente [20] resa peggiore o migliore: è a causa dei piaceri e dei dolori che gli uomini diventano malvagi, per il fatto che perseguono e fuggono o quei piaceri e dolori che non devono perseguire e fuggire, o quando non devono o nel modo in cui non devono, o secondo ciascuna delle altre distinzioni operate dalla definizione. Perciò ci sono alcuni 37 che definiscono le virtù come stati di impassibilità [25] e di riposo: definizione non buona, perché parlano in senso assoluto, senza aggiungere "come si deve" e "come non si deve" e "quando si deve", e così via. Resta stabilito, dunque, che la virtù è tale capacità di compiere le azioni migliori in relazione a piaceri e dolori, il vizio il contrario. Ma che la virtù abbia a che fare con piaceri e dolori può venirci chiarito anche dai seguenti argomenti. (5) [30] Tre sono infatti i motivi per la scelta e tre i motivi per la repulsione: il bello, l’utile, il piacevole e i loro contrari, il brutto, il dannoso, il doloroso. Rispetto a tutto questo l’uomo buono tende ad agire rettamente, mentre il malvagio tende ad errare, e soprattutto in relazione al piacere: esso, infatti, è comune [35] agli animali, e si accompagna a tutto ciò che dipende dalla scelta: [1105a] anche il bello e l’utile, infatti, si rivelano piacevoli. (6) Inoltre, la tendenza al piacere è cresciuta con tutti noi fin dall’infanzia: perciò è difficile toglierci di dosso questa passione, incrostata com’è con la nostra vita. (7) Anzi, chi più chi meno, misuriamo anche le nostre azioni [5] con il metro del piacere e del dolore. Per questo, dunque, è necessario che tutta la nostra trattazione si riferisca a questi oggetti: infatti, non è di poca importanza per le azioni godere o soffrire bene o male. (8) Inoltre, poi, è più difficile combattere il piacere che l’impulsività, come dice Eraclito 38, ed è in relazione a ciò che è più difficile che nascono, sempre, arte e virtù: [10] e, infatti, in questo caso il bene è migliore. Cosicché è anche per questa ragione che tutta la trattazione, sia dal punto di vista della virtù sia dal punto di vista della politica, riguarda piaceri e dolori, giacché chi ne usa bene sarà buono, e chi ne usa male cattivo. Teniamo per detto, dunque, che la virtù ha a che fare con piaceri e dolori, che le azioni da cui nasce sono anche quelle che [15] la fanno crescere, e che, se compiute diversamente, la fanno perire, e che le azioni da cui è nata sono le stesse in cui anche si attua.

 




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