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Aristotele Etica a Nicomaco IntraText CT - Lettura del testo |
7. [Tavola delle virtù particolari].
Tuttavia, non dobbiamo solo fare queste affermazioni generali, ma dobbiamo anche applicarle ai casi particolari. Tra le affermazioni riguardanti [30] le azioni, quelle generali sono di più larga applicazione, quelle particolari più ricche di verità, giacché le azioni riguardano casi particolari, e occorre che la teoria si accordi con essi. Ricaviamoli, dunque, dalla nostra tavola 45. Orbene, per quanto riguarda paura e temerarietà, la medietà è il coraggio: [1107b] di coloro che eccedono, chi lo fa per mancanza di paura non ha nome (molte virtù e molti vizi sono senza nome), chi eccede nell’ardire è temerario, chi eccede nel timore e difetta nell’ardire è vile. Riguardo, invece, a piaceri e dolori (non [5] tutti, ed in misura minore per i dolori) medietà è la temperanza, eccesso l’intemperanza. Coloro che sono in difetto quanto ai piaceri non sono molti: perciò tali persone non hanno neppure ricevuto un nome; ma chiamiamoli insensibili. Riguardo poi al dare ed al prendere denaro medietà è la liberalità, eccesso [10] e difetto sono la prodigalità e l’avarizia. In questi due vizi l’eccesso e il difetto si realizzano in maniera contraria: infatti il prodigo eccede nel dare e difetta nel prendere, l’avaro eccede nel prendere e difetta nel dare. Per il momento, dunque, ci esprimiamo in maniera schematica e sommaria, [15] e di questo ci accontentiamo: in seguito 46 tutto ciò sarà definito con maggior precisione. In relazione al denaro vi sono anche altre disposizioni: medietà è la magnificenza (l’uomo magnifico si distingue dall’uomo liberale, giacché il primo ha a che fare con grandi somme, il secondo con piccole); eccesso è mancanza di gusto e volgarità, difetto [20] meschinità: questi vizi differiscono da quelli relativi alla liberalità, ma in che modo differiscano sarà detto in seguito 47. Per quanto riguarda l’onore e la privazione d’onore la medietà è la magnanimità, eccesso è quella che si chiama una specie di vanità, difetto la pusillanimità. E come dicevamo che rispetto alla magnificenza la liberalità [25] differisce perché riguarda piccole somme, così anche di fronte alla magnanimità, che riguarda grandi onori, c’è una certa disposizione che invece riguarda piccoli onori: infatti, è possibile desiderare onore come si deve, o di più e di meno di quanto si deve, e chi eccede nei desideri di onore è detto ambizioso, chi difetta è detto privo d’ambizione, chi sta [30] nel mezzo non ha nome. Senza nome sono pure le corrispondenti disposizioni, tranne quella dell’ambizioso, che è l’ambizione. Ragion per cui gli estremi si contendono la zona di mezzo: e ci capita di chiamare chi sta in mezzo ora ambizioso, ora privo di ambizione, e ci capita [1108a] di lodare ora l’ambizioso, ora chi è privo di ambizione. Per quale ragione lo facciamo, si dirà in seguito 48. Per ora parliamo di ciò che ci rimane, seguendo il metodo che abbiamo indicato. Anche per quanto riguarda l’ira c’è eccesso e difetto e [5] medietà; e benché queste disposizioni siano pressoché senza nome, dal momento che chiamiamo bonario chi sta in mezzo, chiameremo bonarietà la medietà. Degli estremi, chi eccede sarà irascibile, e il vizio irascibilità, chi difetta flemmatico, e il difetto flemma. Ci sono, poi, anche altre tre medietà, che hanno [10] una certa somiglianza fra di loro, pur essendo differenti le une dalle altre: tutte, infatti, riguardano le relazioni sociali che si istituiscono attraverso le conversazioni e attraverso le azioni, ma differiscono perché l’una riguarda il vero che vi è in esse, mentre le altre due si riferiscono al piacevole, l’una al piacevole nello scherzo, l’altra in tutte le circostanze della vita. Bisogna dunque parlare anche di queste, per [15] meglio renderci conto che in tutti i casi la medietà è lodevole, mentre gli estremi non sono né lodevoli né retti, ma sono, al contrario, biasimevoli. Orbene, anche la maggior parte di questi sono senza nome, e dobbiamo cercare, come anche negli altri casi, di dar loro noi stessi un nome, per chiarezza e per farci meglio seguire. Per quanto, dunque, riguarda il vero, [20] chi sta in mezzo chiamiamolo verace e la medietà veracità, l’esagerazione nel senso del più chiamiamola millanteria e chi la pratica millantatore, l’esagerazione nel senso del meno chiamiamola ironia e chi la pratica ironico. Riguardo al piacevole nello scherzo chi sta nel mezzo si chiama spiritoso e la sua disposizione spirito, l’eccesso si chiama buffoneria [25] e chi la pratica buffone, chi è in difetto si dice rozzo e la sua disposizione rozzezza. Per l’altro tipo di piacevole, quello che si trova in genere nella vita, colui che è piacevole come si conviene è un uomo socievole e la medietà è socievolezza; chi eccede, se lo fa senza secondi fiini, compiacente, ma se lo fa per interesse proprio, adulatore; chi difetta [30] ed è in tutte le occasioni sgradevole, si chiama litigioso e scorbutico. Ci sono, poi, medietà anche nelle passioni, cioè relative alle passioni: infatti il pudore non è una virtù, ma è fatto oggetto di lode anche chi è pudico. E, infatti, anche in queste c’è chi si dice che sta in mezzo e chi eccede, come il timido, che si vergogna di tutto, e chi difetta, [35] ovvero chi non si vergogna proprio di niente, si chiama sfacciato, e chi sta nel mezzo pudico. La giusta indignazione è [1108b] medietà tra l’invidia e la malevolenza: queste si riferiscono al dolore e al piacere che nascono in noi per tutto ciò che capita al prossimo; infatti, chi si indigna si addolora per coloro che hanno successo senza merito, l’invidioso invece va al di là e [5] si addolora per tutti i successi, il malevolo, infine, è tanto lontano dall’addolorarsi che anzi gioisce del male altrui. Ma di questo avremo occasione di trattare anche altrove. Quanto alla giustizia, poiché non ha un senso solo, in seguito 49 la distingueremo nelle sue due specie e diremo per ciascuna in che modo sono delle medietà. Similmente faremo anche per quanto riguarda [10] le virtù intellettuali 50.