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Aristotele
Etica a Nicomaco

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6. [II coraggio].

Che, dunque, il coraggio sia una medietà tra paura e temerarietà, è già risultato chiaro. Ed è evidente che noi abbiamo paura delle cose temibili e che queste sono, per dirla semplicemente, dei mali: perciò si definisce la paura come aspettativa di un male. [10] Orbene, noi temiamo tutti i mali, come, per esempio, disonore, povertà, malattia, mancanza di amici, morte, ma non si ritiene che l’uomo coraggioso sia tale in rapporto a tutti i mali. Ci sono alcuni mali, infatti, che bisogna temere, e che è bello temere, e brutto il non temere, come il disonore, giacché chi lo teme è un uomo per bene e riservato, chi non lo teme, invece, è impudente. [15] L’impudente è da alcuni chiamato coraggioso, ma per metafora, perché ha qualcosa di simile al coraggioso: anche il coraggioso, infatti, è uno che non ha paura. La povertà, certo, non bisogna temerla, né la malattia, né, in genere, tutto quanto non deriva dal vizio, né è causato da chi agisce. Ma neppure chi non ha paura di fronte a queste cose è coraggioso. Tuttavia, noi chiamiamo così anche questo per somiglianza: [20] alcuni, infatti, pur essendo vili nei pericoli della guerra, sono tuttavia liberali e affrontano coraggiosamente la perdita della loro ricchezza. Certamente neppure chi tema un oltraggio ai propri figli od alla moglie, o chi tema l’invidia o qualche cosa di questo genere, è un vile; né è coraggioso, se ha ardire mentre sta per essere fustigato. Dunque, in relazione a quali oggetti, tra quelli temibili, si determina [25] l’uomo coraggioso? Non è, forse, di fronte a quelli più grandi? Nessuno, infatti, più di lui, è in grado di sopportare ciò che ispira timore. Ma la cosa che suscita la paura più grande è la morte: essa è, infatti, un termine, e si ritiene che per chi è morto non vi sia più nulla di bene né di male. Ma neppure in ogni circostanza in cui si presenti la morte, come, per esempio, in mare o nelle malattie, l’uomo si determina come coraggioso. In quali circostanze allora? Non sarà [30] nelle circostanze più belle? Tali sono le circostanze della morte in guerra, cioè nel pericolo più grande e più bello. E corrispondenti ad esse sono anche gli onori per ciò concessi nelle città ed alla corte dei monarchi. In conclusione, si chiamerà propriamente coraggioso colui che sta senza paura di fronte ad una morte bella, e di fronte a tutte le circostanze che costituiscono rischio immediato che conduce ad una tale morte: di questo tipo sono [35] soprattutto le situazioni di guerra. Tuttavia, l’uomo coraggioso resta senza paura anche in mare [1115b] e nelle malattie, ma non allo stesso modo degli uomini di mare: gli uomini coraggiosi, infatti, non sperano nella salvezza e disprezzano una simile morte, mentre gli uomini di mare sono pieni di speranza, sulla base della loro esperienza. Nello stesso tempo, poi, si mostrano coraggiosi anche nelle circostanze in cui c’è bisogno di vigore, [5] oppure in cui è bello morire: ma, in tali tipi di morte, non c’è né una cosa né l’altra.

 




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