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Aristotele
Etica a Nicomaco

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10. [La temperanza e l’intemperanza].

Dopo aver parlato del coraggio parliamo della temperanza, perché si ritiene che queste due siano le virtù delle parti irrazionali dell’anima 74. Che, [25] dunque, la temperanza è una medietà relativa ai piaceri, l’abbiamo già detto; essa, infatti, riguarda i dolori in misura minore ed in maniera diversa; nel medesimo campo si manifesta anche l’intemperanza. Quali piaceri, dunque, esse riguardino, lo determineremo ora. Distinguiamo, dunque, i piaceri dell’anima da quelli del corpo. Esempio dei primi, l’amore degli onori e l’amore del sapere: in ciascuno di questi casi, infatti, [30] si gode di ciò che si ama, senza che il corpo provi nulla, ma è piuttosto la mente che prova piacere. Ma gli uomini che ricercano tali piaceri non sono chiamatitemperantiintemperanti. Similmente non sono chiamati così neppure quelli che ricercano i piaceri che non sono del corpo: infatti quelli che amano ascoltare o raccontare favole e [35] che passano le loro giornate a parlare di quel che capita, non li chiamiamo intemperanti, ma chiacchieroni; neppure chiamiamo intemperanti coloro che soffrono per questioni di denaro o di amicizia. [1118a] La temperanza dovrebbe, dunque, riguardare i piaceri del corpo, e neppure tutti questi: coloro, infatti, che godono di ciò che percepiamo mediante la vista (per esempio, dei colori e dei disegni, cioè della pittura), non vengono chiamatitemperantiintemperanti. [5] Eppure si riconoscerà che anche di queste cose si può godere come si deve, ma anche in eccesso e in difetto. Lo stesso avviene anche nel campo dell’udito: quelli che esagerano nel godere della musica o del teatro nessuno li chiama intemperanti, né si chiamano temperanti quelli che godono come si deve. Né si danno questi nomi a chi ama i piaceri dell’odorato, se non [10] per accidente: non chiamiamo intemperanti coloro che godono degli odori delle mele o delle rose o dei profumi, ma piuttosto coloro che si dilettano degli odori degli unguenti o dei cibi raffinati. Gli intemperanti, infatti, godono di questi odori, perché fanno loro ricordare gli oggetti desiderati. Si può osservare che anche gli altri uomini, quando hanno fame, godono [15] degli odori dei cibi; ma godere proprio degli odori è tipico dell’intemperante, giacché per lui questi sono per se stessi oggetti di desiderio. Ma neppure gli altri animali possono, se non per accidente, ricavare un piacere da queste sensazioni. Infatti, ai cani non è l’odore delle lepri che piace, bensì il mangiarle, e l’odorato gliene produce la sensazione. [20] Né al leone piace il muggito del bue, ma gli piace divorarlo: sembra che goda, invece, del muggito, perché è attraverso il muggito che ha percepito che il bue è vicino. Similmente non gode perché vede "un cervo o una capra selvatica" 75, ma perché l’avrà come pasto. La temperanza e l’intemperanza riguardano, dunque, i piaceri di natura tale che anche gli altri [25] animali ne partecipano, ragion per cui si rivelano piaceri servili e bestiali. E questi sono il tatto e il gusto.

Ma anche del gusto, manifestamente, essi fanno poco o nessun uso, giacché compito del gusto è quello di discernere i sapori, cosa che fanno gli assaggiatori di vini e quelli che condiscono cibi raffinati: ma non è assaggiare e condire che a loro piace, [30] almeno non agli intemperanti, bensì ricavarne il godimento che deriva loro dal tatto, sia nei cibi sia nelle bevande, sia nei rapporti cosiddetti afrodisiaci. Perciò un tale, che era un ghiottone, pregava che la sua gola divenisse più lunga di quella di una gru, mostrando che il godimento gli derivava dal tatto. [1118b] Dunque, è il più comune dei sensi quello con cui è connessa l’intemperanza: ed essa sarà giustamente ritenuta il più biasimevole dei vizi, perché ci riguarda non in quanto siamo uomini, ma in quanto animali. Godere dunque di simili sensazioni ed amarle al di sopra di tutto è bestiale. [5] E infatti ne restano esclusi, tra i piaceri derivati dal tatto, quelli più degni di uomini liberi, come, per esempio, quelli che nei ginnasi vengono prodotti dal massaggio e dal conseguente riscaldamento, perché il piacere tattile dell’intemperante non riguarda l’intero corpo, ma solo alcune parti di esso.

 




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