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Aristotele
Etica a Nicomaco

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9. [Etica e politica].

Se, dunque, di queste cose e della virtù, e poi dell’amicizia e del piacere abbiamo trattato a sufficienza, nelle loro linee generali, [35] dobbiamo pensare che il nostro programma abbia raggiunto il suo fine? O non si deve piuttosto riconoscere, come si dice, che [1179b] nelle questioni di comportamento il fine non è quello di contemplare, cioè di conoscere i singoli valori, ma piuttosto quello di metterli in pratica? Quindi, anche per quanto riguarda la virtù non è sufficiente il sapere, ma dobbiamo sforzarci di possederla e metterla in pratica, o cercare qualche altro modo, se c’è, per diventare uomini buoni.

Se, dunque, questi ragionamenti fossero sufficienti [5] per renderci virtuosi, riceverebbero a buon diritto molte e grandi ricompense, come dice Teognide 357, e bisognerebbe farsene una provvista; ora, invece, è manifesto che essi hanno la forza di stimolare ed incoraggiare i giovani di spirito libero, di rendere un carattere, nobile per natura e veramente amante del bello, pronto a lasciarsi possedere dalla virtù, [10] ma che non sono capaci di stimolare la massa alla perfezione morale. La massa, infatti, per natura, non ubbidisce al sentimento del pudore, bensì alla paura, e non si astiene dalle azioni basse a causa della loro turpitudine, ma per timore della punizione; in effetti, poiché vive immersa nella passione, persegue i piaceri che le sono propri e gli oggetti che glieli procureranno, e fugge i dolori opposti, [15] ma di ciò che è bello e veramente piacevole non ha alcun’idea, perché non li ha mai gustati. Uomini simili, quindi, quale ragionamento potrà trasformarli? Non è infatti possibile, o non è facile, far mutare col ragionamento ciò che da molto tempo si è impresso nel carattere: anzi, dobbiamo senza dubbio esser contenti se, possedendo tutto ciò che secondo noi serve per diventar virtuosi, riusciamo a partecipare [20] della virtù.

Alcuni pensano che si diventi buoni per natura, altri per abitudine, altri per insegnamento 358. Orbene, ciò che deriva dalla natura è chiaro che non dipende da noi, ma per certe divine cause si trova in coloro che sono veramente fortunati; il ragionamento, poi, e l’insegnamento non hanno, temo, sempre efficacia su tutti, ma occorre preparare prima, [25] con le abitudini, l’anima di chi li ascolta a provar piacere ed odio come è bello che si faccia, così come si deve preparare la terra che dovrà nutrire il seme. Infatti, chi vive secondo passione non ascolterà un ragionamento che lo distolga da essa, ed in ogni caso non comprenderà. Com’è possibile che chi si trova in questa disposizione si lasci persuadere a cambiare? In generale, la passione non sembra che ceda al ragionamento, bensì alla forza. Bisogna, dunque, [30] che ci sia già in precedenza, in qualche modo, il carattere che è proprio della virtù, cioè un carattere che ama il bello e mal sopporta il brutto.

Ma è difficile avere fin dalla giovinezza una retta guida alla virtù, se non si viene allevati sotto buone leggi, giacché il vivere con temperanza e con fortezza non piace alla massa, e soprattutto non piace ai giovani. Perciò bisogna che l’allevamento [35] e le occupazioni dei giovani siano regolati da leggi, giacché non saranno penosi se saranno divenuti abituali. [1180a] Certo non è sufficiente che i giovani abbiano magari un allevamento ed una educazione corretti, ma, poiché anche quando sono diventati uomini bisogna che li mettano in pratica e che vi si siano abituati, anche per questo campo abbiamo bisogno di leggi, e quindi in generale per tutta la vita: la massa, infatti, [5] ubbidisce di più alla necessità che al ragionamento, e più alle punizioni che al bello.

È per questo che alcuni 359 pensano che i legislatori debbano, da una parte, esortare e stimolare alla virtù per amore del bello, nella speranza che diano retta coloro che sono stati in precedenza convenientemente guidati con le abitudini, e, dall’altra, stabilire castighi e pene per coloro che non si lasciano persuadere e che hanno indole troppo cattiva, [10] che anzi debbano bandire del tutto gli incorreggibili: essi pensano, infatti, che l’uomo per bene, che vive orientato al bello, ubbidisce al ragionamento, l’uomo malvagio, che desidera solo il piacere, è punito con il dolore come una bestia da soma. Perciò dicono 360 anche che le pene devono essere di natura tale da costituire la massima contrapposizione ai piaceri agognati. Se, dunque, come s’è detto, l’uomo [15] avviato a diventare buono deve essere allevato ed abituato bene, e deve poi vivere in occupazioni virtuose e non compiere cattive azioni né involontariamente né volontariamente, questo si verificherà per coloro che vivono secondo una certa intelligenza e un retto ordinamento: orbene, l’autorità paterna non ha né la forza né la capacità coercitiva, [20] né quindi, in genere, ce l’ha l’autorità di un uomo solo, che non sia re o qualcosa del genere: la legge, invece, ha potenza coercitiva, essendo una regola fondata su una certa saggezza e sull’intelletto. E noi odiamo gli uomini che si impongono ai nostri impulsi, anche se lo fanno a buon diritto, mentre la legge non è odiosa se ordina ciò che è moralmente conveniente. Si sa che solo [25] nella città di Sparta ed in poche altre il legislatore si prende cura dell’allevamento e delle occupazioni dei cittadini; nella maggior parte delle città, invece, si trascurano cose simili, e ciascuno vive come vuole, esercitando la sua autorità su figli e moglie alla maniera dei Ciclopi 361. La cosa migliore, dunque, è che vi sia una corretta educazione pubblica; [30] ma se queste cose vengono trascurate dal punto di vista pubblico, si riconoscerà che è a ciascun individuo che conviene aiutare i propri figli ed i propri amici a raggiungere la virtù, e che ciascuno può farlo 362, o, almeno, scegliere di farlo. In base a quello che abbiamo detto, poi, si ammetterà che possa far questo meglio se avrà acquisito capacità legislatrice. È chiaro, infatti, che l’educazione pubblica [35] si attua mediante leggi, ed è buona quella che si ottiene con buone leggi: [1180b] leggi scritte o non scritte, lo si ammette comunemente, non ha importanza, né importa che con esse si educhi un solo individuo o tanti, come non importa nella musica, nella ginnastica e nelle altre occupazioni. Come, infatti, nelle città hanno vigore le leggi e i costumi, così anche [5] nelle famiglie hanno vigore le ragioni del padre e le abitudini, anzi, ancora di più, a causa della parentela e dei benefici che ne derivano: i bambini, infatti, le prevengono addirittura, perché amano i padri e perché sono per natura disposti ad ubbidire. Inoltre, l’educazione diretta all’individuo è superiore a quella di un’intera comunità, come nel caso della medicina: in generale, infatti, a chi ha la febbre giovano il riposo e la dieta, [10] ma forse a qualcuno in particolare no; ed un pugile non impone a tutti i suoi allievi lo stesso stile di combattimento. Si ammetterà, quindi, che il singolo caso è trattato con maggior accuratezza se l’educazione è privata: infatti, ciascuno vi trova in misura maggiore ciò che gli giova.

Ma potrà curare nel modo migliore il singolo caso il medico, il maestro di ginnastica, e chiunque altro conosca l’universale, [15] cioè ciò che giova a tutti o ad un certo tipo di persone (giacché si dice che le scienze sono dell’universale, e lo sono, in effetti). Tuttavia, certo, niente impedisce che si prenda adeguatamente cura di un individuo determinato anche chi non possiede conoscenza scientifica, purché abbia osservato accuratamente, mediante l’esperienza, che cosa succede caso per caso, così come si pensa che certi uomini siano i migliori medici di se stessi, pur non essendo in grado di portare alcun aiuto ad altri. [20] Nondimeno, certo, si riconoscerà che, almeno chi vuole diventare competente dal punto di vista tecnico o teoretico, deve percorrere la strada dell’universale, cioè deve conoscere l’universale quanto è possibile: abbiamo detto, infatti, che è questo l’oggetto delle scienze. E così anche chi vuole con la propria attività educativa rendere migliori gli uomini, sia molti sia pochi, deve sforzarsi [25] di diventare competente come legislatore, se è vero che è mediante leggi che possiamo diventare buoni. Infatti, produrre buone disposizioni in chiunque gli si trovi davanti non è cosa del primo che capita, ma se mai lo è di qualcuno, questi è colui che possiede la scienza, come nel caso della medicina e di tutte le altre arti che implichino applicazione e saggezza.

Non si dovrà, dunque, dopo questo, esaminare su quale base ed in che modo si può acquisire la competenza del legislatore? Non forse, [30] come nel caso delle altre arti, basandosi sugli uomini politici? Infatti, abbiamo già ammesso 363 che la legislazione è una parte della politica. O non è forse manifesto che non è lo stesso il caso della politica e quello di tutte le altre scienze e capacità? Nelle altre, infatti, è manifesto che sono gli stessi quelli che sanno trasmettere le proprie capacità e che sanno metterle in pratica, come, per esempio, medici e pittori: [35] al contrario, i sofisti proclamano, sì, di insegnare la politica, [1181a] ma nessuno di loro la mette in pratica. La mettono in pratica, invece, i politici, i quali, si ammetterà, lo fanno con una certa capacità derivata dall’esperienza, più che con pensiero riflesso 364: si vede bene, infatti, che non scrivono né parlano di tali argomenti (eppure sarebbe certo più bello che far discorsi in tribunale [5] e all’assemblea), e che, d’altra parte, non hanno saputo fare dei propri figli, o di alcun altro loro amico, degli uomini politici. Ma sarebbe naturale che lo facessero se lo potessero: non potrebbero, infatti, lasciare in eredità alle loro città, né potrebbero desiderare per se stessi, e quindi per quelli che sono loro più cari, niente di meglio che una tale capacità. Certo, [10] l’esperienza sembra fornire un non piccolo aiuto; giacché, senza di essa, non si potrebbe diventare uomini politici mediante la consuetudine con la politica: perciò sembra che coloro che aspirano ad acquisire la scienza politica abbiano bisogno di esperienza. Ma quei sofisti che pur lo proclamano sono manifestamente molto lontani, troppo!, dall’insegnare l’arte politica. In generale, infatti, essi non sanno neppure che cosa essa sia o quali siano i suoi oggetti; giacché, allora, [15] non affermerebbero che è identica alla retorica, né che le è inferiore, e non penserebbero che sia facile compiere opera di legislatore col fare una collezione delle leggi che godono di buona fama 365. Dicono, infatti, che basta scegliere le migliori, come se la scelta non fosse opera di giudizio e il giudicare rettamente non fosse una cosa molto impegnativa, come nel campo della musica. Sono gli uomini esperti, infatti, che in ciascun campo [20] giudicano rettamente le opere, che sanno cioè giudicare con quali mezzi od in che modo esse possono essere portate a perfezione, e quali sono gli elementi che si armonizzano fra di loro; i non esperti, invece, si devono contentare di rendersi conto se l’opera è stata fatta bene o male, come nel caso della pittura. Ma le leggi non sono che opere della politica, per così dire: [1181b] come, dunque, si potrà acquisire competenza di legislatore, o saper giudicare quali sono le migliori, sulla base di una semplice raccolta di leggi? È anche manifesto che non si diventa neppure medici leggendo i trattati di medicina. Eppure gli autori si sforzano, per lo meno, di indicare non solo le terapie in generale, ma anche come si possono guarire, cioè come si devono curare, [5] i singoli casi, distinguendo le varie disposizioni fisiche: e queste indicazioni si ritiene che siano, sì, utili agli esperti, ma affatto inutili a chi non possiede la scienza medica. Orbene, è certo che le raccolte di leggi e di costituzioni sono utilissime a coloro che sono in grado di meditarle e di giudicare che cosa è bene e che cosa è male, e quali elementi si armonizzano fra di loro; ma a coloro [10] che affrontano tali argomenti senza la disposizione adatta non può accadere di giudicare bene, se non, magari, per caso; tutt’al più diventerebbero più aperti alla comprensione di queste cose. Poiché, dunque, chi ci ha preceduto ha lasciato inesplorato il campo della legislazione, sarà certo molto meglio che ne affrontiamo noi stessi l’indagine, e, per conseguenza, affrontiamo in blocco l’indagine sulla struttura della Città, [15] per portare a compimento, secondo le nostre capacità, la filosofia dell’uomo. Orbene, per prima cosa, se qualche buona indicazione parziale è stata data dai nostri predecessori, cercheremo di esaminarla, poi cercheremo di vedere, sulla base delle costituzioni che abbiamo raccolte 366, quali sono le cose che conservano e quali sono quelle che distruggono le Città e ciascun tipo di costituzione, e quali sono le ragioni per cui [20] alcune Città sono ben strutturate e altre sono strutturate male. Una volta esaminate teoricamente queste cose, potremo forse meglio abbracciare con un solo sguardo anche quale sia la migliore costituzione, in che modo ciascuna costituzione debba venire ordinata, e di quali leggi e di quali costumi debba fare uso. Che la trattazione abbia inizio.

 




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