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Paolo Valera
I miei dieci anni all'estero

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Coloro che si rompono la faccia

per la continuazione dello sport

 

Giacomo Greenwood diede questo budello trasversale dei dominii della City come una «curiosità» londinese. Io ve lo do come un sacco immenso calcato di problemi sociali.

Lambisce Holborn, la grande arteria che fila cinque miglia per le vie opposte, da Notting Hill alla Mansion House - il palazzo ufficiale della City - il mercato delle sterline - senza perdere, direi quasi la linea retta a Theobald's Road che va via, ascendendo, per Old-street Road fino in Whitechapel.

È una fogna di immondizie umane. E il rifugio della «grande armata» della Londra povera. È il carnaio degli unfits alla lotta per l'esistenza.

Leather Lane! Dove pullula l'infanticidio alcoolico, dove si respinge la vaccinazione con orrore, dove si nasce cefali e si muore incoscienti di avere vissuto!

Le case di legno ammantate, esternamente, di calcina e qualche volta protette dai mattoni, sono peggiori di quelle delle «courts» di Marylebone o di Withechapel. Entrate anguste, scale tortuose, pianerottoli che ti lasciano respirare a disagio.

Tane dal soffitto stracciato, dal pavimento a pozze, dalle pareti bisunte o chiazzate come il grembiale degli sguatteri.

Dal tetto alla base, di dentro, è un nero bituminoso, è un buio pesto, rotto, di notte, dalla lucerna fumosa a olio o a neolina.

La cucina unica, dove tutti gli inquilini discendono a cuocere i pesci della gente povera, i famosi haddocks (naselli o pesci reticellati sulle coste britanniche della specie del merluzzo, e dei quali la poveraglia inglese, è ghiottissima) che la pitoccaglia pronuncia «addicks», o a cucinarsi, nella sugna nauseabonda, tre pence di coniglio, la loro leccornia, è una latrina e una stalla. Affondi nello sterquilinio e fiuti l'aria velenosa che ti fa tossire come un catarroso.

Tutto sommato, queste abitazioni, sono il ricettacolo della fistola, della scrofola, delle malattie genitali e della tigna.

E quante pulci e che pulci feroci in queste casupole: Dove abito io, al n. 90, non mi si lascia in pace. Mi si morsica spietatamente da tutte le parti. Ne ho tra i capelli, in fondo alle calze, lungo la schiena, sotto il tavolo, tramezzo ai libri, intorno al focolare. Saltano, fuggono, ritornano e bevono il mio sangue colla voluttà dei Verzeni.

Le famiglie - o un malassieme di sbracheria - difficilmente possono darsi il lusso delle due stanze. Perché qui, come sapete, gli affitti sono enormi. Immaginatevi che io di due bugigattoli vuoti, vicini alla corda per buttarmi dalla finestra non appena si grida: al fuoco! al fuoco! - in questa via dove fuma la puzza che fa recere da una cima all'altra, pago nove scellini o undici lire e venticinque centesimi la settimana.

Di modo che madre, padre, fratelli, sorelle, cognati, nipoti, amici, conosciuti da ieri sera, dormono tutti accatastati come una montagna di carne che esala i fetori della conca.

Tra noi, in mezzo a noi, di Leather Lane, il sentimento della consanguineità è considerato una schizzinoseria aristocratica. Whiskizzati o pieni di stout, gli uni si disfogano sulle altre, senza punto, domani, all'alba, sentire i fremiti dell'orgia obbrobriosa o provare il disgusto per la madre o la sorella o la figlia che non li ha respinti.

Tutta la via, lunga circa 150 o 200 metri, colle sue intersecazioni di Greville street, Beauchamp, Charles street, Hatton Wall, Portpool Lane - dove è il lavatoio comune a pagamento - Cross street, ecc., ecc., è un gigantesco ballatoio di fanciulli. Li trovate a frotte, a quadrilateri. Sculacciati sul marciapiede, sbrindellati agli svolti, immelmati tra le carrette della fiera - perché Leather Lane è sempre una fiera - sgomitati e sginocchiati davanti ai dolci di un soldo al cartoccio, scalzi o sberrettati dappertutto. È uno spettacolo desolante, straziante, se volete, che documenta anche una volta come l'assenza della maternità sia una caratteristica della Grande Bretagna. Proprio! Le madri della povertopoli non hanno tempo di pensare alla minutaglia delle loro viscere. Ma anche le ladies non sono più tenere di loro. Questa è probabilmente la ragione per cui Roberto Owen voleva che i genitori consegnassero al comune i figli non appena avessero raggiunto il terzo anno. Un progetto allo stato di crisalide.

Quando un mio compatriota di Hatton Garden - un altro immondezzaio umano - viene a girare la manovella del suo organo melanconico, tutto il quartiere mette in moto i piedi. Le vecchie, le ragazze, l'ortolana, lo straccivendolo, il fannullone sull'angolo, la fruttivendola, l'erbivendola, il ciabattino si commuovono e si abbandonano all'allegria della giga - la manovella inglese - pestando o strisciando sul selciato con delle grida di piacere.

Le molles o le ragazzotte dal grembiale bianco che si danno ai bullies - i locchi inglesi - per nulla o a chi le vuole per un bicchiere di birra, superbe sotto il Tilly Slowbay - il cappellaccio che va su quasi a cono, arruffato di fiori scolorati - colle mani sulle anche piene, tripudiano sul selciato, le une dinanzi le altre, sgolando assieme la gaiezza del loro cuore: Go and leave me, never mind - va e lasciami, non importa!

La fiera incomincia alle sette del mattino e non cessa che alle dodici e mezzo di sera. Carriuolate di lardo, di verze, di carne australiana, di patate, di pesci, di uova, di burro, di formaggio, di pane, di salsicce, di terraglia e via e via fino alle stoviglie di «seconda mano».

- Bai (buy), bai, bai - comperate, comperate, comperate.

- Mid (meat), mid, mid - carne, carne, carne nazionale perché ne è davvero il sostituto alla mensa.

Dovunque si mangia al massimo buonmercato. A destra dell'imbocco di Holborn, puoi sguazzare, all'insegna delle Stewed eels, nello stufato d'anguilla per dieci centesimi e riempirti lo stomaco di patate - il pane nazionale - per cinque centesimi. Dico nazionale perché ne è davvero il sostituto alla mensa del ricco e al desco del povero. Nessuno sa mangiare senza il pomo di terra. Sono capaci di insaccarsi due chilogrammi di vacca graticolata con un morsello di pane di sabato scorso. Ma senza patate! La patata accompagna in Inghilterra, il lesso e l'arrosto - il pesce bollito, le aragoste, il pesce fritto ed il resto degli intingoli. Non cessano di mangiarla che al formaggio. Perché col formaggio trangugiano delle manate di crescione o di cicoria o dei covoni di lattuga o dei mazzetti di indivione.

Dalla parte opposta, verso Theobald's Road, in una bottegaccia dai vetri ingrumati di fumo, dalle panche grasse come lo strutto, dai tavoli graveolenti, ti si una sleppaccia di carne di cavallo per un «palancone», il pudding di piselli per cinque centesimi e una costola di coniglio - il piatto che fa delirare la canaglia - per due «palanche!». La vetrina è tutta un tamburo. Provate il pudding di braciuole di Brown! - Assaggiate il nostro montone arrostito. - Cipolle sempre calde. - Salsicce bollenti con puree di patate per 15 centesimi. Le iscrizioni sono illustrate goffamente.

- Tim, dove vai a desinare?

- Da John, in Red Lion square.

- Coglione! Va qui da Brown e mangiati delle aringhe. E dicendoglielo si mette l'anulare in bocca.

Sul frontone del pescivendolo leggete: Il pesce, oggi, è buonmercatissimo. E gli uomini di fuori, nel camiciotto greggio, colle maniche rimboccate al gomito, lo agitano dinanzi alla ressa inquieta e lo gettano in faccia a chi porge loro due pence: bai, bai, bai! Comperate, comperate, comperate!

Il linguaggio è del luogo come in Monmouth Court, in Seven Dials, o in Hanbury street,1 in Whitechapel, o in Orchard street, in Westminster. Difficilmente è capito da chi passa, in omnibus, in Holborn. O dal cabman (cocchiere pubblico, fiaccheraio o, come diremmo noi, brumista) invecchiato nel sedile appeso alla schiena del suo veicolo a due ruote.

Il policeman è chiamato, gergalmente, copper. Le patate taters. Un ragazzo nepper. Il gentleman toft.

Parlando, mangiano tutte le vocali, e più di una volta qualche consonante. Pronunciano «madgestrate».

Se domandate a uno di loro lo zolfanello, invece di rispondervi di no, I have not (non ne ho), vi sputa un no, I ain't.

Le scene sono assolutamente degne di un grande pennello della strada. Ma ohimè! Gli artisti sono degli aristocraticoni. La strada! Via! Questi mendichi alle porte del Nabab ti metteranno sulla tela delle oche o delle civette o dei buoi studiati nelle loro stanze da letto o dei leoni veduti sulle carte oleografiche o dei salotti di gente a coda di rondine o nella seta cioccolata cosparsa di trine o delle paesane cresciute guardando le solite modelle. Ma il guazzabuglio grandioso del selciato! Uhm! loro il vomito. Cretini!

Guardate che calca intorno alle lenzuola dei defunti, al mantello della cuoca a spasso, alle scarpe delle morte all'ospedale, al cappello disceso, testa per testa, fino all'ultimo mercato della pezzenteria, alle sottane rappezzate, allo scialle della rivendugliola andata in malora, agli indumenti buttati dalla finestra dalla cameriera del terzo piano.

Mamme, mammacce, donne di grosso, lavandaie, vuota pitali di locande, femmine da lavandino, tose di fabbrica, puttane da venti centesimi, avanzi dell'acquavite, eccole, curve, imbambolate, spalla contro spalla, liete di palpeggiare la camicia pezzata o il sottanone di lana logora che non possono comperare o addolorate quando qualcuna porta via l'ulster sdruscito che avevano intenzione di mettersi addosso col settimanale di sabato venturo!

In giù, a due passi dalla public house, è Mary, una grassottona di vent'anni, indemoniata dal whisky irlandese, che vomita su Tomy, il suo «bulo», lo sterco del suo dizionario.

- You bloody pig! Go and buggar yourself! I shall smash your mug, I shall, you son of a whore (Porco animale! Va' a farti inculare. Ti rompo la faccia, ti rompo, figlio di bagascia!)!

- Go home you fucking bitch (Va a casa puttanaccia!)!

In fondo è il tafferuglio. È la zuffa. Si combatte. È il duello inglese. I boxisti sono circondati da una folla immensa. Nessuno fiata. Il policeman gira il tacco, sapendo che anche il principe di Galles è uno dei più spietati fighters e un grande patrocinatore del fighting. Un giorno andò, pubblicamente, all'albergo Salisbury, in piazza Salisbury, a stringere la mano a Sullivan, il primo campione - dicevano gli avvisi illustrati - tra i boxisti del mondo! Ma già nell'inglese di tutte le classi, è innata la passione di spaccarsi gli occhi o di rompersi la faccia, o di sbattersi fuori quattro denti. Attenti. Gim butta in terra la giacca. Billy si volta su le maniche. Qualche finta cavalleresca. Addosso. Ma senza punto ammirativo. Perché veramente, in loro, non c'è trasporto. Si assestano o tentano di aggiustarsi dei pugni, ma senza scalmanarsi o vociare come disperati. C'è della dignità nel boxista. Il pubblico non si nasconde gli occhi nel grembiale, non urla come le nostre piazzaiuole e non scappa via atterrito. Anzi, gode. Vi assiste con piacere. Protendendosi, cacciandosi indietro o lasciandosi scappare qualche bravo. Bravo Joe!

Dopo dieci colpi il naso di Gim innaffia le scarpe e i calzoni con una zaffata di sangue. Ma non si cessa. Si prende fiato. Billy si asciuga la fronte colla manica e Gim si soffia fuori, sbattendo in terra, colle dita, le ultime gocce che gli si ispessiscono nelle narici. Ricominciano. Billy lo colpisce nell'occhio destro e gli lascia un neraccio che suscita dell'ammirazione. - Well done (benissimo!)! Ma nessuno dei due è ancora disfatto. Il combattimento infierisce. Si puntano, sottovoce, gli ultimi soldi. C'è ancora qualcuno che tiene per Billy. È un colosso, accidenti! Le sue braccia sono colonne. Non si sentono più che i pugni. Sembrano colpi piantati in una massa spongiosa. Finalmente Billy è in terra che rotola su se stesso perdendo la bava insanguinata. Gim gli ha rotto la dentiera. La maggioranza ha perduto. Tutte le trecche e le orizzontali dell'ultimo strato umano tennero per Billy. Margherita la lattivendola, e le ovivendole della cantonata di Dorington street, hanno scommesso invece per l'«uomo giusto» e fatti dei pence. Ma addio, tutto è finito. Billy e Gim sono già amici. Eccoli che entrano, col venditore di cocomeri, nella public house, a bere assieme, nella tazza di stagno, il pintone di birra. Ogni viltà convien che qui sia morta.




1 Dove Giacomo, lo squartatore, sbudellò e mutilò, il 7 settembre 1888, la Chapman, una della classe infelice (unhappy class) che battono Whitechapel. Giacomo le recise la gola da un orecchio all'altro e la sventrò allo stesso modo della Maria Ann Nicholls, trovata il 31 agosto dello stesso anno, in Buck'srow - uno degli intestini di questo distretto ingorgato di pezzenti.

Sulla muraglia, vicino alla quale giaceva cadavere la Chapman, lo squartatore scrisse. E cinque. Ne ucciderò altre quindici. Poi mi consegnerò alla giustizia. Da nove mesi essa dormiva nella locanda al n. 35, in Dorset-street, Spitalfields.






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