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Paolo Valera I miei dieci anni all'estero IntraText CT - Lettura del testo |
Il Times, il Daily Telegraph, il Daily News, il Daily Chronicle, lo Standard, l'Eco, l'Evening News e la St. James's Gazette hanno consigliata, ieri sabato, (13 novembre 1887), la gente rispettabile a non pedinare nei dintorni di Trafalgar square.
Il meeting è stato proibito e in piazza non vi si troveranno che riottosi. Chi vi si arrischia pagherà il fio della sua imprudenza o audacia.
Proibito? E da chi o signori dalla penna maiuscola? Dal capo dei birri (equivalente al questore) di Great Scotland-yard?2 O che forse i legislatori non sono più a Westminster?
Svolto Chancery Lane e il quadrante delle Low Courts (Palazzo delle Corti di Giustizia), segna le dodici.
Ho tempo di flanellare sui marciapiedi e di leggere l'ukase dell'autocrate, Carlo Warren: - «Nell'esercizio dei poteri investiti in me, sotto il secondo e il terzo Vic. (capitolo 47): io, sir Carlo Warren (che sfacciato!), ordino quanto segue: - che domani, domenica, a nessuna processione organizzata, sia permesso avvicinarsi a Trafalgar square».
I lettori fanno una smorfia e gli volgono il sedere. - Vedremo!
Nello Strand non c'è ressa, ma vi si sente qualcosa della giornata. Tutti gli sbocchi vi scaricano pubblico.
I policemen sono sestuplicati, centuplicati. Hanno sul faccione l'aria marziale del palcoscenico.
Sono sugli angoli, torno torno, come anelli di sicurezza pubblica o pattugliano a quattro, a sei, battendosi, di tanto in tanto, il petto per scaldarsi le mani.
Mormorano delle impertinenze. Ma resto calmo. Perché io, in questo momento, non sono che un lapis: tiro giù i movimenti e la collera degli altri.
Il cielo immalinconisce. È una piombaggine immensa. Ho sulla testa il vapore acqueo.
Le orizzontali di questo quartiere non hanno smesso di indemoniare l'uomo neppure nelle ore trepide che precedono, probabilmente, una rivoluzione. Gentilmente strappano la giacca con delle sguaiataggini e ti agguantano addirittura pel braccio, dicendoti: sei mio, darling (caro)!
I lati di Wellington street, attraversati dallo Strand, sono affollati di cappottoni e d'elmetti neri. C'è del necroforo nel policeman.
Aprono e chiudono i pugni come se volessero lasciar capire che è in essi il prurito di rompere qualche cosa.
I dimostranti passano alla spicciolata e scaraventano il loro disprezzo: - Blackguards (scalzacani)!
Bevo un whisky caldo al Tivoli e sciupo dieci minuti colla barmaid (la ragazza che serve al banco delle public houses) dal collo lungo e fresco di venti anni. Strano! Anch'essa, come le prostitute, e i gentlemen in tuba, è per la legge e l'ordine. Brava, Clara!
Hai dell'ingegno!
Ore 12 ½. - La via è più popolata. Gli omnibus si vuotano alla cancellata della stazione di Charing Cross.
Mi lascio inocchiellare un penny di viole e penso che saranno in mio scudo contro la brutalità del bastone poliziesco.
Ore 1. - Mi fermo sul gradino dell'ufficio postale e studio il terreno sul quale il popolo verrà a vincere o a morire per affermare il diritto della riunione pubblica confiscato l'otto novembre dal filibustiere militare Warren. Il centro della piazza è letteralmente bloccato dai ruffians (banditi) - come li chiama la Pall Mall Gazette - in uniforme.
Se il furore popolare convertisse il bacino in un lastricato di cadaveri non uno di loro avrebbe la mia lagrima.
Essi sono vigliacchi che hanno tradita la loro classe da cui sono usciti per una miserabile mercede.
Tutto sommato siamo in faccia a 2000 constabili.
Ai tre lati dove stendersi la balaustrata - al nord della piazza - gli agenti del disordine sono per due.
Dalla parte del monumento, dove non è barriera granitica, sono per quattro, come una muraglia di mercenari.
Le entrate agli angoli del nord sono tappate da 200 policemen.
Nel ventre dello square sono 300 vipere di riserva.
Il plinto della colonna Nelson è una fitta di elmetti colla punta in aria che pare una insolenza.
Vedo, tra lo stato maggiore, il capo constabile Howard, il generale degli assassini del popolo.
È nel mezzo che fuma un'avana e manda su boriose volute di fumo guardando, qua e là, gli assembramenti che ingrossano. È ventruto ed è volgare come le sue spalle e il suo naso.
Ci sono due drappelli di policemen a cavallo, uno al nord e l'altro al sud, che percorrono i larghi delle vie facendo lavorare di culatta i loro cavalli.
Il pretesto del comizio è di domandare l'immediata scarcerazione di Guglielmo O' Brien, il direttore dell'Irlanda Unita e degli altri patrioti irlandesi.
In verità non è che per riconquistare lo square stato dichiarato da Matthews, ministro degli interni, - quel Matthews non ne indovina una! - possessione ereditaria della Corona! - C'è qualche cosa, ditemi, che appartenga alla Corona e che non sia del popolo? O chi lo ha selciato e lastricato e pavimentato per degli anni o dei secoli? Sono state le masse o la Regina?
Un tipo di ragazzotto, col gessino in bocca e le mani in saccoccia, mi assicura che nella caserma di San Giorgio, vicino alla Galleria Nazionale, è un battaglione di granatieri col fucile in mano.
- La vuol essere una giornata calda, oggi!
- Magari!
Ore 1 ½. - Tutti i punti che mettono nello square gremiscono. La gradinata della chiesa di San Martino, veduta dall'angolo di Northumberland avenue, traduce una vetrina gigantesca di teste inquiete. Sono i pacifici che assistono come a una rappresentazione teatrale.
La borghesia è dietro le vetrate o sui balconi o in piedi sulle terrazze o coi gomiti sui davanzali o sui tetti dei palazzi circostanti.
Ore 2. - Howard non fuma più. Dà come degli ordini. Probabilmente egli ripete le parole di Nelson prima di dare battaglia alla fregata di Villeneuve.
- L'Inghilterra spera che ogni uomo faccia il suo dovere.
Al nord-ovest si galoppa. E il maggiore Gilbert, seguito da quattro policemen, che fugge per Pall Mall. Egli è il comandante di tutta la sbirraglia seminata lungo le vie che conducono alle cancellate di Hydepark-corner.
Ore 2.25. - C'è tafferuglio. Il diritto di riunione pubblica riceve i primi scappellotti sull'angolo di Duncannon street. Gli assaliti si sparpagliano e si sottraggono senza dissaccocciare le mani. Gli altri che fanno siepe sgolano l'indignazione collettiva.
Passando dinanzi la Galleria Nazionale mi ricordo di Ruskin, colui che distruggerebbe il Regno Unito e anche l'Impero, per salvare il suo Turner, il più grande, disse lui, dei pittori di paesaggio antichi e moderni.
Se l'onda popolare ne frangesse le porte? Ore 2 ½. - Il cielo rincupisce.
I fruttaiuoli, incalzati dal move on (avanti) dei sedicenti guardiani della pace, ripassano i confini e scompaiono dal quadro arruffato che completavano.
Ore 2,40. - Da Whitehall sbuca il rinforzo. Una filata di policemen va ad addossarsi all'albergo di Morley, all'est della piazza. Gli altri si sgruppano in drappelli volanti.
Ore 2.45. - Dal salvagente mi volto verso lo Strand. Non vedo che una rivoluzione di cappelli. E una calca enorme che tende ad irrompere nella piazza.
Ore 2,50. - Mi trovo in mezzo a parecchi reporters, o, se volete, all'ambulanza del calamaio. Domando loro il numero della massa. E si conclude registrando la cifra media dei giudizii individuali: 100.000 persone.
Ore 3. - Dalle finestre si incomincia a tirare di cannocchiale.
I picchetti a piedi e a cavallo provocano e gridano: Pass along, pass along, please.
L'attività manesca è incominciata.
I cordoni nervosi tremano, come se fossero sussultati dalla scossa elettrica.
Mi salvo da un pugno legale dicendo: Press! Croce rossa, perdio!
I cavalli caracollano, spietatamente sollevando un turbine di fischi.
Verso St. Martin's Lane c'è zuffa.
Tre o quattro policemen sono sbalestrati dall'arcione. Una frotta a piedi corre a soccorrerli.
La moltitudine si scompiglia e si riunisce non appena hanno preso il largo.
Ore 3.20. - La folla cresce sempre. Gli organizzatori del comizio sono sempre un desiderio. Dove sono?
Parecchi arresti. Molti arresti al sud. Scoppia un grido terribile che si squaglia sul cielo avvelenato, anche in domenica, dagli acidi delle fabbriche.
È un tentativo di rompere il cerchio poliziesco. Ma il giuoco crudele dei cavalli dissuade perfino gli audaci.
Una donna, delle donne, sono rovesciate dall'onda risospinte da una carica.
- Oh dio!
Ore 3.30. - L'ambiente brucia. Non si distingue più né la tuba, né il cappello floscio, né il pezzo solo. Chi piglia, piglia.
Incomincio a invidiare l'altura del direttore della Pall Mall Gazette. Fu un grand'uomo. Egli è annegato con quello del Titanico. Come moralista ha spaventato molta gente.
Si spazia sul teatro comiziale e si è al sicuro dagli infortunii della giornata. Stead domina da un balcone verso lo square. In America o meglio a Chicago è parso un rivoluzionario.
Ore 3.40. - Giungono in piazza i reporters che accompagnano il contingente del sud di Londra.
È stato rotto, schiacciato, disperso.
Copio le note di un collega inglese, il quale rifiuta anche il grazie. E si capisce. In tempo di rivoluzione i nostri principi neutri fraternizzano!
Tutti assieme sono una brigata di radicali, di socialisti e di nazionalisti irlandesi.
La loro parola d'ordine è free speech o libertà di parlare in pubblico.
Giunti al margine del ponte di Westminster, Big Ben (l'orologio della torre del Parlamento) riempie la tetraggine di malinconia.
I tre tocchi e mezzo muoiono via come una voce fioca che si spegne lontana.
Altri gruppi vengono da Lambeth, da Palace Road e da York Road e ingrossano l'esercito che continua a impietosirci colla cantilena: The starving poor of old England... i morenti di fame della vecchia Inghilterra... L'inno inteneriva. Riproduceva una scena storica d'un popolo andato in malora con la nenia del canto.
L'avanguardia che protegge la musica si inanella braccio sotto braccio, per sostenerne gli assalti.
Ci sono delle bandiere rosse, dei berretti frigi.
La maggioranza è armata di bastoni. Taluni hanno nella gamba dei calzoni una spranga di ferro.
Si va.
Si passa il ponte cantando la Marsigliese accompagnata dalla musica: Marching on to liberty or death... marciamo alla libertà o alla morte...
Giù dal ponte si applaude alla colonna del sud-est che si confonde cogli operai - perché sono tutti operai i dimostranti - occupati e disoccupati - del sud-ovest.
I Policemen, ai pilastri del ponte, sarebbero rovesciati nel Tamigi se non vi fossero i parapetti.
S'avanzano. Le loro grida vanno su alte come sibili attorcigliati da una bufera.
Le cancellate del Parlamento sono coperte di agenti di polizia.
Vedo laggiù, allo svolto dei pugni che lavorano.
Un policeman paga il filo del suo bastone con una ferita alla schiena. Lo tirano all'ospedale, in carrozzella, come un martire del dovere.
S'attacca.
Il leader dei contingenti grida, spalancando le braccia: - Stand! - fermi! resistete!
La polizia a cavallo si precipita nel mezzo tagliandone il grosso in quattro, bastonando a destra e a sinistra.
La polizia a piedi aggredisce i fuggenti e li percuote a calci, a pugni, a bastonate. Qua e là la lotta è accanita.
La bandiera del Club del Progresso di Lambeth ondeggia, piega, scompare.
Il policeman 430 riceve un'astata non so dove. Stramazza. Bene! gridano gli astanti.
Sull'angolo di Cannon-row e in Parliament street, si combatte corpo a corpo.
La bandiera del Club West Southwark è fatta in pezzi. I lembi sono nelle mani dei nemici. Quella del Vogliamo il diritto alla riunione pubblica resiste. Ma vessillo e vessillifero, soverchiati dal numero, s'arrendono insanguinati.
Non si capisce più nulla.
Si grida, si urla, si fugge e si cade l'uno addosso all'altro.
Dappertutto arresti. (La cronaca del domani ne diede 50). Molti feriti e gravemente (circa 40 sono stati medicati all'ospedale. I contusi, gli ammaccati, gli zoppi superarono il centinaio).
La colluttazione è durata ventiquattro minuti.
I fuggenti sono ricaricati al di là del ponte di Westminster e inseguiti lungo il Tamigi.
Ritorniamo al centro.
Ore 3.55. - Gli omnibus e i cabs continuano a passare e a ripassare e parecchi dimostranti tentano, dall'alto dell'imperiale, di parlare alle moltitudini. Troppo tardi. I monturati si sentono padroni del campo e minacciano.
Gli incidenti si moltiplicano come le cariche, come i ceffoni, come i colpi di randello, come le scaramucce.
I cavalli nitriscono e gettano la bava sulla schiena di coloro che incalzano.
Non ho più tempo di guardare il cielo. Ma la fuliggine velenosa è a metà della colonna Nelson.
Il deputato Cunnighame-Graham, un marxista, e John Burns, il possibilista e il tribuno delle classi lavoratrici, seguiti da 200 detti della morte, svoltano verso l'hotel di Morley e vanno difilati, alla conquista dello square. O meglio a provare se il meeting, in piazza, è legale o illegale.
Le ondate cozzano, si risospingono e si ricalcano l'una sull'altra, fendendosi in una mischia indescrivibile.
Il deputato innaffia il lastricato di sangue.
Il randello poliziesco gli ha spaccato la fronte.
Burns è bastonato e fatto prigioniero con Cunninghame-Graham.
Sono nel mezzo dello square come ostaggi.
In Inghilterra, i deputati, fuori dai recinti della Camera, ridiventano cittadini comuni.
Una legge che vorrei anche in Italia. Si arresta in massa.
Gli urli degli assembrati spaventano.
Ore 4.20. - L'attenzione è tutta verso Whitehall. L'armata è in viaggio. Sono due squadroni di Life Guards (guardie del corpo o della Regina). Il popolo li applaude freneticamente. Stupido! Te ne accorgerai!
I dimostranti di tutti i tempi e di tutte le nazioni commisero e commettono la balordaggine di gridare: evviva l'esercito! credendolo capace di fraternizzare colle moltitudini che domandano giustizia. È un errore o un delitto. Una volta in piazza, contro il popolo, devono essere considerati dei nemici in guerra. Addosso!
Vedete, se vi basta un esempio, la grande dimostrazione londinese del 2 dicembre 1816, contro il principe reggente, sui campi di Spa - un grande spazio tra le prigioni di Fields e il New River Waterworks. I disoccupati e gli affamati d'allora ebbero l'ingenuità preadamitica di ricamare sulle loro bandiere che «i soldati sono nostri amici». Davvero! Invece di fraternizzare con loro sguinzagliarono i cavalli, irruppero sulla folla e menarono piattonate da orbi.
Sbracati di tutti i paesi: sostituite, agli applausi, il randello anche per loro.
La loro uniforme scarlatta - riparliamo delle guardie reali - corazzata di metallo, cogli elmetti scintillanti, illuminano la piazza e proiettano delle chiazze sanguigne sul mare turbolento.
È alla loro testa un magistrato col ventre che si prolunga sulla criniera del cavallo, in atto di leggere il riot act, una specie di drastico o di legge marziale che ordina agli ammutinati o agli insorgenti di sciogliersi e di ritornare alle proprie case o alle proprie occupazioni. Dio salvi la regina».
Ore 4.30. - Escono i granatieri dalla caserma di San Giacomo, a baionetta in canna, e vanno a fare da contrafforte ai policemen della balaustrata al nord.
Il cavallo bianco del capitano delle Guardie della Vita mena la coda furiosamente e caracolla come un animale educato a schiacciare i piedi e a rompere le gambe della folla.
La moltitudine si ravvede - brava! - o piuttosto si pente - bravissima! - di aver dato il benvenuto ai soldati divenuti birri e scatena su loro un uragano di fischi.
Ore 5. - Le cariche più assassine sono fatte sul marciapiede, a sinistra, di Northumberland avenue.
Il viale di mezzo è percorso, al trotto, dai picchetti di polizia a piedi, i quali flagellano di bastone chiunque capiti loro sottomano.
Ore 5.15. - Un altro nugolo di difensori della legge e dell'ordine!
Le squadre che si sono sfogate sui cittadini pacifici e inermi vanno a Scotland-yard a dissetarsi.
Carlo Warren - il questore - ha messo a loro disposizione otto botti immense di stout e di bitter.
La piazza è percorsa da 4500 policemen.
Quelli a cavallo, sul marciapiede del sud, addossano il pubblico alla muraglia, spronano a briglia sciolta i quadrupedi ubriachi di vittoria, e dentro, curvati sull'arcione, a sorprendere le teste che si credono al sicuro.
L'impeto ha gettato della folla nell'ampio cristallo di una vetrina di apparecchi elettrici e la caduta echeggia come un'allegria tra le voci strazianti delle vittime.
Una vecchia, boccheggiante di sangue, colle mani congiunte, riesce appena a drizzarsi sui fianchi. - Oh dio! aiuto! Mi assassinano!
Vedo la tuba di Andrieux, l'ex prefetto di polizia di Parigi, che tombola dai gradini del Grand Hotel. Non mi sarebbe dispiaciuto che ne fosse tombolata la testa. Canaglia!
Non è più possibile seguire le cariche a cavallo o le aggressioni a piedi.
I dintorni dello square sono come tumultuanti da frotte di malandrini che inveiscono coi pugni e coi piedi sulla gente che svaligiano.
- Pass along... Pass along... - Avanti! Andate via! - è un imperativo accompagnato da una salva di cazzotti e di bastonate.
Le Guardie della Vita continuano il loro giro di rotazione colle speronate che fanno lavorare i cavalli di traverso.
Ore 5.45. - La nebbia discende rapida.
Si accendono i lampioni. Sembrano incendi conglomerati.
A quaranta passi di distanza non si distinguono più né assaliti, né assalitori.
Si vedono dei conflitti. Delle masse confuse che si azzuffano.
L'energia dell'urlo cavernoso è sparita. Non c'è più che della raucedine.
Dal pavimento sale l'afa dei piedi infuriati che non ritornano.
I policemen possono sgolare l'hurraaaaa!
Ho dimenticato gli arresti.
Alla Sezione di polizia di Bow street - la principale del West-End - ve ne sono oltre 100. Settanta o ottanta sono stati cacciati a pedate a quella di Great Scotland-yard.
L'entrata dell'ospedale di Charing Cross è cosparsa di macchie di sangue.
È in King William street, nello Strand. Ed è stato fondato nel 1831.
I medici ne hanno fino alla gola.
Non si è dato loro un minuto di sosta.
Hanno mandata a casa tutta una crociera di bendati.
I casi gravi sono trattenuti nell'ospedale.
Molti escono cicatrizzati di cerotti.
Ripasso la piazza della sommossa.
Si sente il freddo della Warsavia storica.
Ruskin può dormire tra due guanciali.
I quadri della Galleria Nazionale sono salvi.
Il Lazzaro di Sebastiano del Piombo - La Famiglia santa del Murillo - Le Boscaglie del Turner e La Donna sorpresa in flagrante adulterio del Rembrandt non hanno infiammato il sangue dei ribelli per un incendio.
Qua e là, i riottosi, ricevono le ultime bastonate.
Ore 6. - I granatieri rientrano colle loro cartucce intatte.
Le Guardie della Regina riprendono la via di Whitehall.
Entro in Pall Mall - la via dei clubs.
La piazzetta che divide l'Atheneum e l'United Service - due clubs - in faccia al monumento di Waterloo, è soffocata di policemen.
Il principe di Galles mi stomaca.
Egli è in un cab.
I cabs sono vetture pubbliche a due ruote e a due posti. Vi ci si sta, coll'amante, assai meglio che sulla dormeuse. Datano dal 1823.
Naturalmente ci vuol poco a riconoscere l'erede al trono. È un barilotto spongioso. La sua faccia è lustra come la sugna.
È entusiasta dei prodigi della polizia.
Manifesta la sua soddisfazione stringendo la mano a un'ispettore che, probabilmente, era lontano dal pericolo come il principe.
Appena giunto a casa dà ordini ai servi di inaffiare generosamente le canne arse degli agenti di polizia.
Marlborough House - la sua residenza - è in Pall Mall, in faccia al Palazzo di San Giacomo, l'ex Corte. Dico ex perché ormai è stata sostituita dal Palazzo di Buchingham. San Giacomo non è più che una caserma di pitocchi reali mantenuti dal tesoro pubblico.
Marlborough House è un edificio di mattoni rossi, fatto fabbricare dal duca di Malborough, sotto il regno della regina Anna, con 40,000 sterline.
La generosità del principe corre di club in club.
E i clubmen (membri di clubs) imitano sua altezza facendo distribuire ai policemen di servizio in Pall Mall, dello sciampagna secco.
La piazza è tranquilla.
Non ci sono più che una ventina di poliziotti.
Mi prude la voglia di entrare nello square - la causa innocente di tanto sangue. Come giornalista passo senza opposizione.
L'avete conciata bene, dico ai monturati, oggi, la mob (il popolaccio).
- Rather!: Indubbiamente.
Non provo alcun piacere. Una volta conquistato lo regalerei per nulla.
Valeva la pena di contenderselo?
Si, perché c'è di mezzo la libertà di parola - un diritto, in Inghilerra, costituzionale.
Le pietre sono gelate. Brrrrrrr!
Piglio la via della birra e mi disseto coll'avidità di un insorto che puzza di schioppettate.
Il soggetto è la domenica di sangue (bloody sanday). Un nome che rimarrà nella cronologia dei tumulti popolari.
Si raccontano i piccoli e i grandi incidenti della giornata.
Tutti sono d'accordo che la disfatta è dovuta all'assenza di un capo o dei capi. Hanno scaldato su e poi...
In tempi energici dovrebbero essere appesi e squartati come conigli.
Qualcuno mi riassume le vicissitudini del contingente di Clerkenwell. C'è stata un'altra dimostrazione per la libertà costituzionale.
«Io ero del numero, come spettatore».
La piazza di Clerkenwell-green, alle 2 pom., poteva contare 7 o 8 mila persone. Molti irlandesi.
La vetriata del Club Patriottico - un club radicale - era affollata di iscrizioni.
«Coercizione in Londra. Il meeting radicale è stato proibito!
Cittadini! Ingrossate la grande dimostrazione in piazza di Trafalgar!
Boycottate (non leggete) il Times, lo Standard, il Daily News, il Daily Chronicle, il Daily Telegraph, l'Echo, ecc.: - giornali nemici del popolo».
I dimostranti non erano accattabrighe o ladri. Ma operai autentici.
I roughs (mascalzoni o barabboni), i cosidetti roughs, mancavano assolutamente.
Alle due meno un quarto, William Morris e Annie Besant, salirono sul carro degli oratori.
William Morris è un grande poeta, è il direttore della Commonwealth, e l'autore dei Canti pei Socialisti, ecc.
Annie Besant è una biblioteca di strada. È carica. Fu repubblicana, è ora socialista. Ma una socialista che ha una avversione teologica per la dinamite.3
È inutile dirvi i loro discorsi. Morris disse loro che era dovere di ogni cittadino di entrare nello square e che egli vi sarebbe entrato ad ogni costo (applausi fragorosi).
La Besant - una delle prime oratrici inglesi - fu acre. Disse che il decreto di Warren era illegale. Glielo aveva detto Bradlaugh, il grande Bradlaugh, al quale era stata negata l'entrata alla Camera dei Comuni. Di leggi ne sapeva qualche cosa. E a che prezzo! Fece il parallelo tra la tirannia e la sedizione. «Noi alla prima resistiamo colla seconda». Brava!
Alle 3 la processione incominciò a muoversi.
La precedeva la bandiera della Federazione Democratica col motto: Educate, agitate, organizzate.
La solcavano altre bandiere: La disobbedienza ai tiranni è un comandamento di dio - Confidate in dio e tenete asciutta la vostra polvere.
Al centro erano le bandiere rosse, sormontate dal berretto della libertà, ravvolto nel velo della gramaglia.
Giunta in St. Martin's Lane la polizia a piedi e a cavallo sbucò da tutte le parti e a colpi di randello le disperse».
Rientro stracco come un asino e tiro dei sacramenti contro questi guastamestieri che colla loro prudenza politica ci hanno lasciato le folle senza rivoluzione.
I rivoluzionari si coricano con una disfatta di più.