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Paolo Valera I miei dieci anni all'estero IntraText CT - Lettura del testo |
Londra è anche un immenso pollaio di pazzapaglia minuta. Sbucano a gruppi, vanno via a torme, spuntano a drappelli, sostano a folate, scantonano a pellottoni e si sparpagliano dappertutto.
Dappertutto capannelli di orfani, turbe di illegittimi, angoli di bastardi, moltitudini di monelli, senza casa, frotte di pedoni adolescenti, calca di ragazzaglia abbandonata.
I loro autori rappresentano la zavorra sociale.
Galeotti (si sa che mi valgo delle dizioni borghesi), prostitute, concubine, sifilitici e sifilitiche, ladri, ubriachi, epilettici, sciancati, storpi, idioti e via e via e giù e giù fino all'ultima terminologia del naufragio umano.
La maggioranza è nata nella workhouse, nell'ospedale delle partorienti, nelle prigioni, nella locanda o in Trafalgar square, quando la piazza era ancora un dormitoio possibile per la pitoccheria. Vale a dire prima che il liberticida Carlo Warren, capo della polizia, la sfrattasse con un decreto più bestiale di quello che scacciò i socialisti che volevano continuare la bazza di parlare al popolo dall'alto del blocco della colonna Nelson. Era una notte di quest'anno. Fredda, nebbiosa. I «malviventi» erano là, uno sopra l'altro, come tanti virgoloni mostruosi. Ammucchiati, rasente le muraglie del bacino, accovacciati sotto il labbrone granitico della vasca, colle teste sui piedi, coi piedi sulle pance, colle mani dovunque, ravvolti nei Daily News, nei Daily Telegraph, nei Daily Chronicle - le lenzuola dei cenciosi - che russavano come su la materassa soffice.
Quando si è stracchi!
E i monturati, pieni di brandy, vi entrarono come agenti in collera e addosso! Addosso alla povera gente intirizzita! Come se loro non avessero mai veduti i tramonti senza pane e non fossero usciti dall'utero della miseria!
- Su, su!
Chi li calcava nel sedere, e chi andava loro sopra senza badare dove, e chi li tirava in piedi, pei capelli, e chi li squassava per le spalle, e chi li annaffiava con le ondate della fontana.
- Su, su!
Fu un esodo solenne. I senzaletto, in piedi, si sgarbugliarono gli occhi, si contorsero negli stracci e con un movimento di testa che a me parve di rassegnazione, presero la via del Tamigi.
Ritorniamo alla battaglia.
Come vivono? Facendo un po' di tutto. Piove? Li trovi attraverso i bivi o i quadrivi, colla scopa capovolta, che aspettano l'halfpenny o il penny perché hanno sfangato un tratto che divide i marciapiedi.
Si sberrettano, si curvano e ti dànno magari il buon giorno o la buona sera col sir per giunta.
Li vedi formicolare intorno agli handsom cabs. Pronti ad aprirti la portiera per impedirti di inzaccherare la falda o la seta di tua moglie o della tua ganza per un semplice stiver o dieci centesimi.
Popolare i crocevia e correre per i marciapiedi colle loro risme di giornali: l'Eco, la Stella, la Notizia della sera. Ultima edizione! Colle atrocità dell'East-End! La Pall Mall Gazette, colle rivelazioni sulla polizia londinese!
Ingombrare le entrate o le adiacenze dei teatri. Vendendoti il programma quando entri e procurandoti il brougham quando esci o chiamandoti il cab in cui il cocchiere ti cerca cogli occhi della cantonata.
Non dimenticano mai, si sa, di precipitarsi, sul mozzicone e di mettersi in bocca la fag o la sigaretta gettata via dallo swell o dal pivello elegante o, in una parola, dal ricco.
In Cheapside rompono le scatole cogli anelli per le chiavi, i bottoni per le camicie, le stringhe per le scarpe, gli uccelli che volano e i romanzi americani a un penny.
Alle stazioni ferroviarie, naturalmente, sono perseguitati dai facchini bollati al braccio o al berretto. Ma gli street Arabas o i monelli, aspettano alle cancellate o di fuori e agguantano il bagaglio della gente che va a piedi o la cassetta o il sacco del soldato che loro, gergalmente, chiamano swaddy.
Nel Derby-day o nel giorno delle corse - Derby Down - corse che fanno sospendere le sedute parlamentari e interrompere il viavai commerciale, li vedi, triplicati, sull'asfalto e sul pavimento che conducono per lo stradone che va al campo dei fantini dell'aristocrazia. Inseguono i tiri a due, i tiri a quattro e i breaks facendo, continuamente, la ruota fino a quando cade la pioggia delle palanche.
Il cane per loro è sempre un job o un affare. Così che vedete costantemente alle vetrine dei lattai, dei fornai, dei macellai e ai pilastri delle sezioni di polizia gli avvisi che promettono mance generose a chi porterà i cani smarriti. Lo adocchiano, lo pedinano e allo svolto se lo portano via. Specialmente se è un maltese o un barbino o uno di quei bassotti cresciuti tra le cosce delle ladies. Come è un job per loro una calamità pubblica, una sventura nazionale o una tragedia cittadina. Aumentano il prezzo del giornale. Quello di venti centesimi lo vendono a cinquanta o anche a uno scellino. Concorrenza. Libertà di commercio per tutti. Il policeman vi fa una smorfia se vi lamentate di questa truffa apparente. Non lo volete? Lasciatelo. Nessuno vi obbliga a comperarlo. Un giorno che avevo bisogno di sapere le ultime vittime del donnicida dell'East-End me lo sono messo in tasca per due lire e cinquanta centesimi.
Durante le morte stagioni - perché subiscono anche loro di questi periodi infami come i sarti - vale a dire nelle giornate di noia giornalistica, quando il quotidiano non porta in piazza un corpo chiazzato di sangue o un po' di Westminster raccattato in aria o una carneficina coloniale o una tragedia agraria, la sbracheria va a snidare dagli spacci dei giornali illustrati il fondaccio dei numeri invenduti o spaiati. Li compera in blocco o a peso e mette sossopra i quartieri poveri dove sono ancora possibili le illustrazioni rancide e gli avvenimenti secchi.
Novantanove su cento sono tatuati. Il tatuaggio, tra loro, è una manìa come pei marinari o pei facchini dei porti del Regno Unito. Si tatuano degli anelli sulle dita, il nome o il cognome o le semplici iniziali sulle braccia, un cuore o dei motti sul petto e qualche volta si ricamano la fronte e le gambe.
- Non soffrite o non sentite male a pungervi in quel modo, ho domandato a più di uno strillone e a parecchi «incorreggibili?», giusto come li chiamerebbe il «grande magistrato senza salario».
- Perdio! mi risposero. Ma ci mantiene sani, il tatuaggio.
I bisogni fisiologici, in loro, urlano nella puerizia. A otto, a dieci, a dodici, a quattordici anni. Gli stranieri, vedendoli tirar via molli, col loro braccio intorno la schiena delle loro «donne», non possono rattenere la boccata del disgusto. «Che depravazione!» Ma loro non sanno che c'è dell'altro e di peggio tra le sottane e i calzoni delle classi al disopra del sottosuolo.
I loro amori o meglio i loro sfoghi carnali, hanno un'alcova negli angiporti, nei vicoli, nelle courts che vedremo poi, nei parchi, sui gradini delle abitazioni e dovunque è una via o una piazza o un angolo buio o una cancellata d'abitazione.
Il concubinaggio, tra loro, lo trovate in tutte le locande a 3 o a 4 o a 6 pence. L'altro giorno, una ragazza, testimone nel processo contro il suo «uomo» di tredici anni accusato di molti furterelli, dichiarava che il «piccolo delinquente» had lived with her about five months che aveva vissuto con lei cinque mesi circa.
Del resto i documenti sono in istrada anche per coloro che non vogliono darsi la pena di percorrere gli androni pubblici delle puerpere. Quante volte vi imbattete in queste fanciulle di dieci o dodici anni col loro bimbo avvoltolato nel grembiale o appeso alla mammella? Non potete sbagliarvi. Hanno i capelli raffaellescamente piatti sui parietali, il ciuffo che biondeggia o nereggia sulla fronte, il gruppetto puntato alla nuca come un orgoglio o la treccia giù, birboneggiante per la schiena. Un grande scialle tricuspide che le chiude come un'ampia carezza che s'allunga fino alla balzana e un grembiale bianco che le distingue da tutte. Si chiamano mots, drabs, four penny touches, leery girls. Il significato di questi vocaboli volgari è nel dizionario furbesco. Tuttavia le misses dell'ulster o le sartine, le ridicolizzano chiamandole le «signore di Whitechapel», o come diremmo o avremmo detto noi, una volta, di porta Ticinese o di porta Garibaldi. Si prostituiscono? Nel vero senso del verbo, no. Perché si guadagnano l'esistenza anche altrimenti. A Charing Cross, in Oxford street, in Piccadilly, in Leicester square e nei centri affollati vendono i fiori a dieci centesimi il mazzo.
- Penny a bunch! Penny a bunch!
A quando tengono bordone ai loro compagni di letto, prestandosi a vendere o a impegnare la così detta roba degli altri. Talvolta, nelle giornate di bolletta feroce, ti danno sulle cantonate, sedute sui calcagni, le uova marce e cotte. E quando non sono per le strade, lavorano a fare scatolette pei fiammiferi o a fare la capocchia ai bastoncini di cera o di legno che devono diventare zolfarelli. Il loro carnimonio è svelato nel four penny touches. Con quattro pence sbarazzano l'uomo tra i pilastri delle porte, in fondo al viottolo o tra il materiale di qualche edificio in costruzione. Di sera e di notte ti domandano, se sei in tuba, un penny per un thanke (un grazie) o mezza pinta di stout, se sei in giacca.
Amano? Come si può amare in Inghilterra, dove si è finalmente imparato che il cuore creduto, un tempo, l'altare delle passioni, non è che una pompa idraulica capace sola di propellere tonnellate di sangue per la vita.
Maschi e femmine, accoppiati e soli, popolano Seven Dials, Petticoat Lane, Brick Lane, Brook street, Traal street e dappertutto dove è una tana londinese.
Quando non hanno i pence per la locanda, dormono nei parchi. Due anni fa ne hanno trovato uno coi piedi gelati nel vuoto di un tronco d'albero in Hyde-park. Gli si segarono i piedi perché cancrenizzavano e si convertì la Babilonia in un carnevale di rettorica. Era diventato un eroe. Povero lôcch! Qualcuno pianse. Altri mandarono soccorsi. Il lôcch morì. Dormono nelle zattere, nelle barche, nelle lance, nei burchielli, lungo il fiume. E sono chiamati appunto i «ratti del Tamigi». Dormono nelle nicchie dei ponti che attraversano questa curva d'acqua giallastra come il Tevere. È nei luoghi dove non giunse il piede spietato del policeman.
Prima del 1880, il «grande magistrato senza salario», vale a dire un grande proprietario di terre nella poltrona del giudice, spazzava i budelli e i budelloni della cloaca massima, mandando la canaglia pubescente ai lavori forzati nei penitenziari del Regno. Ve la mandava per una mela spiccata dall'albero proibito, per un paio di ciabatte tolte su senza pagarle o per un fazzoletto strappato giù dal cordame della lavandaia pieno di fazzoletti! Ma dopo la crociata degli umanitari e dei «missionari», e specialmente dopo la pubblicazione del «Grido lagrimevole del povero di Londra» di Giorgio Sims, anche la ferocia bestiale di questi unpaid rulers si è ammansita. Almeno apparentemente. Perché i così detti piccoli delinquenti o delinquenti giovani, entrando nei «riformatori» o nelle «scuole industriali» o salendo sui «bastimenti di correzione» o dei discoli che galleggiano nella Mersey e nel Tamigi non hanno cambiato, come scrisse il dottor McCook Weir, che locale. Perché essi sono rimasti pur sempre dei reclusi alla mercè del «gatto a nove code» (frustone a nove cordicelle intrecciate e solcate di gruppi) e dei regolamenti che imperano a Milbank o a Dartmoor o nel cellulare o nella galera.