Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Paolo Valera
I miei dieci anni all'estero

IntraText CT - Lettura del testo

Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

La via del libro

 

Quasi tutte le vie londinesi hanno una fisonomia propria. Così Paternoster Row non è che un'ovaia di libri.

Essa può dirsi l'intestino intellettuale di questo immenso caravanserraglio umano che racchiude, in una area di 118 miglia quadrate, più ebrei che la Palestina, più cattolici che Roma, più scozzesi che Aberdeen, più irlandesi che Belfast e più gallesi che Cardiff.

Le penne classiche, le penne maestre, le penne poetiche, le penne ladre, le penne eterne, le penne matte, le penne fanatiche, le penne anarchiche e le penne cristiane pagano il monopolio librario in questa viuzza che corre parallela con Newgate street e colla piazzetta di San Paolo, prima di cacciarsi in uno dei treni del Regno Unito.

In origine doveva essere, se credo a Stow, l'anticamera della sagrestia. Perché era abitata dagli scribivendoli di avemarie, di paternostri, di credi e di altre orazioni più o meno noiose. E che qui sia stato il covo dei teologi ve lo dicono la via Paternoster, il vicolo Ave Maria, l'angolo o piazzetta Amen, il frontone dell'arcata nel vicolo Ave Maria - Verbum Domini manet in aeternum o la parola del Signore rimane in eterno - un'arcata di librai e di editori - e i magazzini e i negozi di libercoli religiosi e le vetrine di bibbie le quali rappresentano, nel linguaggio di Chillingworth, la religione dei protestanti.

Ma ora vedete di faccia alla bacheca di Shaw, affollata di cuori sanguinolenti, il figlio del falegname, le colombe remiganti nell'azzurro e altre cartoline illustrate di bacchettoneria e di baciapolvere, la mostra atea dove trionfano i negativi di dio, i bestemmiatori delle sacre scritture e gli iconoclasti.

A due passi dagli uffici dell'Armata della Chiesa - un periodico - trovate, in Warwick Lane, il giornale fonetico e tutto il casaldiavolo della letteratura stenografica di Isaac Pitman, che ne è chiamato il padre.

A fianco all'editore dei nonconformisti che non sa darvi che i «Decidetevi per Cristo e i Perché dissento?» si spalancano le porte dei Darwin, degli Spencer, dei Tindall, dei Marx, degli astronomi, dei geologi, dei chimici, dei biologi, dei fisiologi e degli altri che tripudiano nelle cellule degli animali, che naufragano nelle costellazioni, che nuotano allegramente coi parassiti, che affondano nell'analisi e che vegetano più, appiattati, tra le radici degli alberi.

E neppure, Paternoster Row, si è conservata il cenacolo dell'aristocrazia del libro o la biblioteca pomposa, vanitosa, presuntuosa, calcata di volumi a prezzi enormi. Quantunque, in Inghilterra, la prima edizione di un'opera nuova, costi sempre un occhio di bue d'oro. Esce il diario di Gordon? Correte e il libraio vi frena. Costa una ghinea. Domani, fra quindici giorni, esaurita la prima ve lo darà per mezza corona. Sbuca la Russia sotto gli Zar del mio amico Stephniak? Non è un anarchico, ma via! Giungete trafelati, lo prendete in mano e lo lasciate cadere sul banco del privilegio. Diciotto scellini!

E il segreto è nella vendita sicura. O in una parola: se siete un autore applaudito dal pubblico o ricercato da un certo pubblico o meglio se riuscite, come direbbe un editore, a produrre delle commodities marketable o mercanzie o volumi vendibili, le biblioteche, i musei, i clubs, le associazioni letterarie, ecc. ecc., dell'impero, le colonie incluse, casellano le vostre produzioni nelle loro scanzie. E le biblioteche circolanti - come la Mudies, per esempio - sono obbligate, più di una volta, a comperare cento o anche duecento volumi di una stessa opera.

Questo negozio o traffico, aggiunto alla estensione incommensurabile che può percorrere un autore conosciuto, cioè fin dove è parlata la lingua inglese, ha fatto sì che nel regno della regina Vittoria il mestiere del facitore di libri is no longer, come scrisse William Harney, a condition of pauperism. Le due mila sterline annue che Routledge pagava a sir Bulwer Lytton per pubblicare 18 edizioni, a un penny, delle sue novelle, le altre due mila che l'editore del Tennyson illustrato metteva in saccoccia al poeta, le 3,000 ghinee che i Longmans versavano per il Lalla Rookh di Moore o le altre tre mila che Pope riscuoteva pel suo Omero, non sono più una meraviglia. Allo stesso modo che non sono più possibili gli editori, come Curce; per esempio, il quale pagava, senza arrossire, dieci sterline il Paradiso Perduto e trattava gli accumulatori di pagine per la sua casa come day labourers o giornalieri.

E Walter Scott, quello che dopo l'Ivanhoe non fece più che del melodramma e quattrini e che prima dell'Ivanhoe non sapeva che idealizzare la Scozia nello stile artificioso di miss Edgeworth, la celebre scrittrice irlandese, e che potè vedere la Grande Bretagna piangere dirottamente quando giunse alla riva la notizia che la tempesta aveva inghiottito, col bastimento, i pacchi della prima edizione dell'Antiquary (un volume venduto a ruba a 53 lire!) e leggere sui giornali che la perdita era considerata una «calamità nazionale», è egli ancora una meraviglia? O chi degli «autori del nostro tempo» non getterebbe la penna nel Tamigi se sapesse di riassumere quindici anni di lavoro per venti mila sterline - la somma che i Longmans misero sullo scrittoio del padre della Signora del Lago? S'intende che non parlo dei battuti del libro o dei raffazzonatori che brontolano contro i tempi perversi e l'ingratitudine del pubblico, invece di dar mano alla lesina o farsi saltare le cervella. Ma dei romanzieri riusciti - pei lettori, si sa - come Walter Besant, la cui penna è detta più potente della mascella d'asino di Sansone, e lo scrittore del She - una eroina del continente nero che riempie le tasche di Rider Haggard, quantunque Haggard continui a vuotarle. Lo stesso Antony Trollope - al servizio del barone Tauchwitz - un editore che obbligò gli editori inglesi a mettere sulla fiera il volume a buon mercato, si sarebbe recisa la destra se avesse saputo di guadagnare come Walter Scott. Nella sua autobiografia ci la lista dei lavori che produsse in venti anni. In vent'anni egli mandò in stamperia 44 romanzi e gli editori gli inviarono a casa tante tratte a vista per un totale di un milione e settecentoventicinquemila franchi. Max O' Reill - un francese che scrisse un libro di costume assai mediocre, almeno per me, passò il mezzo milione in meno di due anni col John Bull e la sua Isola. L'Ouida (mademoiselle de la Ramez), una scrittrice conosciuta anche in Italia perché abita un palazzo a Firenze, è romanziera - indubbiamente più popolare di Walter Besant - capace di rompere il calamaio se le si offrissero ventimila sterline per quindici anni di galera romantica. Evvia! Non basterebbero per pagare le sue eccentricità. L'ultima volta che venne a Londra pagò, in tre giorni, tremila lire d'albergo! Chi è quel Capuana o quel De Amicis o quel Giacosa che potrebbe fare altrettanto? E non è la de la Ramez una eccezione. Chi non sa che miss Braddon dopo aver preso del Segreto di Lady Audley venticinquemila lire - un romanzo che è considerato il suo capolavoro - intascò delle somme che mille dei nostri romanzieri fortunati, messi assieme coll'autore dei Lupanari di Mantova, non riusciranno mai a intascare? Mentre scrivo la signora W. H. Riddel riceve dal Graphic 500 sterline per ogni racconto.

No, il regno degli autocrati del libro è precipitato. O almeno non rimane di esso che qualche pilastrone per documentare che vi fu una tirannia anche nel mondo librario. Come può dirsi rotta la lega degli editori spietati che costringevano i Burns ad accattare il morsello dell'esistenza facendo il gabelliere o il collettore di gabelle e i pelottoni che portavano i tesori dell'intelligenza nella California del dizionario sulle spalle a mendicare alla mensa dei lordi del cotone e del suolo e dell'ignoranza o a basire sull'acciottolato come ora le venditrici della loro carne.

Chi ha ingegno, sia egli documentista come Zola o audace come Richepin o gagliardo come Vallès o eterno come Dickens, ha un posto nella grande officina del pensiero e un cheque riscuotibile sulla Banca d'Inghilterra. Si sa, c'è ancora il ponte del monopolio come in tutte le produzioni, del resto. Ma a questo penserà la dinamite dell'anarchia sociale. Intanto la rivoluzione o l'evoluzione dell'uomo penna, nelle isole britanniche, è compiuta. Il lavoro del letterato è uscito dalla categoria dei mendicanti ed è entrato nell'ordine delle professioni e nelle associazioni dei mestieri.

Sì, guardate, la rivoluzione è compiuta. Eccovi delle barricate. Eccovi, i carri di Macmillan, dei Longmans, dei Simkim e Marshall, degli Holmes, degli Smith - chiamato un giorno il principe degli editori semplicemente perché pagava un romanzo di Giorgio Eliot centoventicinquemila franchi! - degli Hart e degli Hamilton - cito a caso - stracarichi di scienza scolastica da un penny a sei pence, di letteratura classica a nove pence, di lavori sociali a tutti i prezzi e di libri poetici e romantici - soprattutto romantici - a uno scellino con lo sconto del trenta per cento e la dozzina di tredici. Date una capatina nei loro stanzoni di vendita. Vedete che tumulto. Sono pieni di strilloni, di facchini, di librai al minuto, di gente in lotta col desinare. Dieci copie, ventisei copie e via e via come il moto perpetuo.

I capelluti e le barbe di bianco pelo deplorano questa democrazia che li respinge e i topi del volume a cinque ghinee versano lagrime sulla scomparsa della Chapter Coffee-house o del caffè del capitolo (era sull'angolo opposto a Ivy Lane), dove sorseggiavano il caffè i curati, gli uomini di lettere tabaccosi e gli editori e dove Chatterton stesso si sentiva orgoglioso di sapersi a tu per tu col cameriere Guglielmo, il cameriere senza cuore che non lasciava uscire alcuno senza pagare lo scotto - e il Times può bene - come fece nel '59 - menare la coda e bramire e increspare la giubba contro lo scandalo dei libri alla portata di tutte le saccocce. Ma il fatto è fatto.

La tirannia della vendita e della compera è stroncata.

Ho lasciato nel calamaio la letteratura istrionica perché dessa, pare, non abbia mai trovato posto tra il vecchio e il nuovo testamento. O più probabilmente perché il suo ambiente è altrove. Il suo ambiente è nello Strand, nel centro dei teatri o della maggioranza dei teatri. Perché ormai dove non ci sono palcoscenici in questa città di speculatori? In una sola via, nella Shaftesbury avenue, ne sorsero tre in tre mesi. E il quarto - il Garrick - lo hanno tirato su, a due passi, direi quasi dalla mattina alla sera. Che leva è il denaro in questi paesi!

Il Barbini londinese dunque di questa azienda di recitazionisti, come direbbe un yankee, è in Wellington street. E il suo fondatore fu Tommaso Hailes Lacy, un attore di riputazione, dicono, che abbandonò le scene nel '45 per dedicarsi al commercio delle tragedie, delle commedie e delle farse stampate fino al 1873, quando il signore iddio gli tolse l'ultimo respiro. Ma ora ne è proprietario French, un americano intraprendente come un cittadino degli Stati Uniti. Il palazzo di via Wellington non racchiude mai meno di 500.000 copie di lavori teatrali. E le sue edizioni sono piuttosto carucce, essendo l'editore obbligato a fare il cappello, con tante sterline, alle autorità bollate dal successo. Lascio «autorità». Dovrei chiamarli i plagiari del successo. Perché il teatro del Regno Unito non vive che di rifacimenti stranieri. Testoni, provatevi a negarlo.

La clientela del French, come potete immaginarvi, è composta di direttori teatrali, specialmente di provincia, di associazioni e di clubs drammatici e di quel miscuglio o zibaldone di commedianti e di istrioni che popolano le quinte.

Voi avete capito che parlandovi di Paternoster Row, non ho escluso che vi siano degli altri editori. Anzi! Perché ne trovate nello Strand, in Piccadilly, in Albermarle street, come John Murray - badate che parlo sempre dei casi grossi - in Great Malborough, in Ludgate Hill, dove imperano i Cassell - i Sonzogno londinesi - e in Old Baily, ove sono i Blakie - gli editori degli artisti o delle foglie, dei paesaggi, degli animali, della geometria, della meccanica, degli alberi, della marina e su su fino ai trattati ornatologici. Perché sarebbe lo stesso che dirvi che dove impera l'unione dei mestieri, i librivendoli sono associati sotto la bandiera... Quale? In apparenza sono appolaiati sotto lo stendardo della previdenza. In verità essi lavorano sotto il vessillo della resistenza. Essi sono contro tutti coloro che vogliono diminuire i loro guadagni e distruggere la loro esistenza.

In una parola, sono borghesi nel vero senso del termine. Fanno i loro interessi senza tuttavia dimenticare i diritti degli autori. Ieri, per provarvi che non sono strozzini come i nostri editori, l'Hoggard consegnò il manoscritto del suo «Colonnello Quarritch» e l'editore gli mise in mano un pagherò di 75,000 franchi.

C'è un editore italiano capace di illustrarmi le tasche con altrettante mille lire per questa mia Cloaca?




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License