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Paolo Valera
I miei dieci anni all'estero

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Per il frusto della vita

 

Non c'è arteria londinese che non sia tormentata dalla gente che scarseggia di tutto. Ne trovi sul marciapiede, sul macadam, sull'asfalto, intorno ai salvagente, intorno agli angoli, fuori e dentro le stazioni ferroviarie, addossati agli edifici, lungo le cancellate delle case, rasente i grandi magazzini di moda, alle calcagna dei pedoni, nelle adiacenze dei cimiteri, in faccia ai monumenti pubblici, scaglionati sui ponti che solcano il Tamigi, attraverso i crocicchi, sotto i portoni, dove sostano le carrozze, appoggiati alle arcate, sulle panchine del fiume, tra le colonne dei portici dei teatri, nei budelli della city, nei quartieri ricchi, nei quartieri poveri, dappertutto fino alla esasperazione.

Sono i mosconi, sono le vespe, sono le zanzare, sono le cavallette della Babilonia imperiale.

Dovunque è una sentinella della miseria che ti strazia la digestione, che ti rimprovera le gozzoviglia di ieri sera, che ti fa chiudere gli occhi dinanzi le bacheche illuminate dalle faville dei gioielli, che ti fa sentire il peso del paletot che ti protegge dal rovaio, che ti fa arrossire di saperti i piedi accarezzati, dalla pelle di vitello mentre c'è tanta gente a piedi nudi.

- Un penny (dieci centesimi), di grazia, a questo poveraccio che non ha mangiato.

Sono mutilati, ciechi, storpi, scheletriti, sdentati, sono facce orribili, sconci umani, sono carriuolate di carnaccia in putrefazione, sono mucchiate di stracci pieni di pidocchi che si difendono dalla workhouse (ricovero di mendicità coi lavori forzati) con due stringhe, con una mezza dozzina di bottoni di camicia, con una scopa capovolta sul crocevia, con due scatole di zolfanelli, con un flauto infame, con una fisarmonica sventrata, con un'ocarina diabolica, con un violino che zuffola, con un arnese da fiato che ti impazzisce, con una nenia o dei versacci impossibili anche in una borgata di due mila anime.

- O signore, aiutate questa povera donna. Dieci centesimi la scatola.

Nei larghi delle vie è la tragedia domestica, è la vergogna nazionale, è il gruppo sociale che va via lemme lemme, tra il fasto e il clamore, a ricordare che si muore di fame.

Vedetene uno.

La madre è un insulto al sesso, è uno sberleffo femminile, è una bruttura del consorzio umano. Sudicia, spettinata, cisposa. Stracciata, malandata, stracca. Coi piedi nudi, colle mammelle avvizzite e nude, coi gomiti nudi, colle ginocchia nude.

Pare un'insensata inconscia del naufragio che la circonda. Porta nello scialle a brandelli, appeso al capezzolo, il parto delle violenze sessuali - un mostricino giallo, scarno che respinge il bacio - e va via, colla minutaglia aggruppata alla sottana, sciogliendo, coi bimbi, una cantilena che addormenta in piedi, accompagnata dalla voce rauca del marito che segue la famiglia con le mani in tasca e la cicca in bocca.

Nove su dieci mendicanti portano sullo stomaco l'avviso delle loro miserie, dei loro infortuni, dei loro vizi.

In Theobald's road vedo tutti i giorni un giovanottone nella blouse operaia che resta immobile per delle ore, aspettando il penny dal pubblico che legge il suo cartello.

«Signori e signore. Ero un meccanico della ditta Giovanni Calabroni (non cambio che il nome) di Birmingham. Un giorno una macchina mi addentò e mi stritolò il braccio destro. I medici mi recisero il moncone fino alla spalla. Guarito ritornai alla fabbrica. Il padrone mi regalò una sterlina e mi mise alla porta! Incapace di lavorare mi raccomando al vostro cuore».

Non potete passare da Ludgate Hill senza imbattervi in un vecchio sbilenco, spolpato, colla mano sulla manovella di un organetto che ha perdute tutte le note. Egli è un avanzo di battaglia. «Nel '22 colle navi francesi cannoneggiavano la flotta russa nel modo imperiale di Odessa. Ho combattuto contro i cinesi e ho consumato gli anni migliori della mia vita al servizio di sua maestà, la regina. Ho due fascette e una medaglia al valor militare. Sono vecchio e impotente al lavoro».

Cari amici, soccorrete il padre di due figli che vedete nella corba (sulle stanghe del carrettuccio dell'organino), e il marito di una moglie ammalata.

Anche il farthing (due centesimi e mezzo) sarà una benedizione del cielo.

Ieri ho veduto in Oxford street una donna tarchiata, colle ganasce ravvolte in un fazzolettone, come se fosse stata torturata dalla flussione, col cartello della sventura al collo che narrava ai passanti che era obbligata a calzare le scarpe igieniche perché pativa di malcaduco!

È una gara di malanni. Ciascuno tende a impressionare, a commuovere, a far raccapricciare, a strappare gli entusiasmi per la vita.

- Un penny, signore, per l'amor di Dio!

Una mano mangiata dal cancro, delle guance sfigurate o torturate dalla fistola, un piede orribilmente contorto dalla febbre, una faccia bruciacchiata dal vetriolo o da un incendio, una gobba che piega come un arco, un moncherino che fa fremere, delle dita mozzate dalla falce, degli occhi marciti nelle occhiaie o delle occhiaie vuote. Sono ditte, sono acciappasoldi, sono la loro esistenza.

Ohimè! La società non loro il pasto del ventre che a condizione di essere una carogna ambulante.

Un cieco disse all'oculista che voleva strappargli la cataratta: - Se mi ridate la vista mi rovinate.

I ciechi sono più sfacciati o più feroci o più bestiali della specie dei mendichi. Invece di impietosire ti mettono l'uzzolo di emanare un decreto che li spazzi dalla strada e dia loro le necessità della vita a cui hanno, indubbiamente, diritto.

Strascicano le ciabatte, protendono teatralmente la faccia sulla faccia del pedone che viene o ti spingono lo stomaco sotto gli occhi per farti leggere i caratteri monumentali della loro professione.

- Ho fame (I am hungry).

- Completamente cieco.

- Comperate dal povero cieco.

- Quasi interamente cieco.

Il loro modo di chiamare o di eccitare l'attenzione dei passanti, se non è una noia pubblica, è assolutamente triviale. Hanno un bastone ferrato - un bastone grosso e alto - nelle mani col quale percuotono furiosamente incessantemente la pietra.

- Tak, tak! Tak, tak, tak, tak!

- Sono nato cieco.

- Tak, tak, tak, tak!

- Ricordatevi del povero cieco!

- Tak, tak, tak, tak!

- La rosolia mi ha reso cieco!

- Tak, tak, tak, tak, tak!

In New Oxford v'è una donna dagli zigomi pronunciatissimi, dalla pelle stiracchiata, cogli occhi come schiacciati nelle cavità che tira innanzi, puntando il bastone verso la pancia dei cittadini, tenendo larghe le braccia come se camminasse sull'orlo di un precipizio.

- Abbiate pietà della cieca.

- Risparmiate un penny.

L'ex militare dello Strand, l'omaccione sbarbato, in giacca da caserma, che batte il selciato con un bastone da malandrino, ha cambiato giorni fa l'iscrizione. Prima vi si leggeva: quasi cieco. Incapace di continuare il servizio (militare). Ora gli spenzola sul petto: affatto cieco. Non posso guadagnarmi il vitto che vendendo zolfanelli.

- Avviso ai giovani. Mi chiamo Giacomo Leonard. Ho 73 anni. Sono cieco da 30. Ho perduto la vista ubriacandomi. Astemio sono ingrassato e divenuto sano. Amici, date un penny al pentito.

I ciechi musicanti che ciabattano per la capitale sono ancora più implacabili dei ciechi dal bastone ferrato. Ti si piantano per delle ore in faccia a un negozio o in mezzo al passaggio o allo svolto di una strada a schiamazzare in una tromba vecchia, a piangere in un clarinetto sboccato, a singhiozzare in uno strumento di latta, a spaventarti con dei tromboni, con dei piatti, con una chitarra atroce, con un piffero che ti masturba i pensieri, con un campanello che strepita come una maledizione.

- Dirlin, dirlan, dirlin, dirlan, dirlan, dirlin, dirlan dirlin...

Chi ha della bambagia si tura le orecchie e chi ne è senza si salva in un cab o in un omnibus o in un brougham o in fondo a una public house o si precipita, alla prima stazione, nel primo treno che passa.

Il più celebre di questi scellerati musicanti è il «Rosso» che percorre o lavora il tratto da Cheapside a Piccadilly Circus.

Egli è guidato da un cane latte sporco, col deretano macchiato di nero che supplisce allo disocchiato girovago. Sa dove posteggiare. Transita i quadrivi e gli sbocchi delle vie abbaiando al trotto. Fila a casa trascinandosi il padrone al galoppo. Insorge quando la gente non gli fa largo e dorme saporitamente le ore in cui questo dannato ci flagella gli ordigni acustici.

Il «Rosso» è probabilmente il solo del mestiere che sdegni il cartello della réclame.

- Non sono un ciarlatano io!

Ha i capelli rossi sdraiati poetescamente sul bavero, indossa eternamente un paletot pulce pasciuta e indemonia soffiando in uno zufolo di latta a quattro buchi.

Una volta una signora, mettendogli nel secchiello appeso alla bottoniera qualche soldo, gli disse: Perché non entrate nella scuola dei ciechi, in London road?

Il rosso buttò via la sua carità, diede un calcio al cane e via!

- Ho fatto nulla di male io, per morire in prigione!

Nella scuola dei ciechi - dei fanciulli e degli adulti - si insegna a fare spazzole per scarpe, cavagni, zerbini, soppedanei, ecc.

Il cane dell'accattone cieco seduto nel viottolo che attraversa la chiesa di san Martino, a Charing Cross, è un mendicante noto. Egli è sempre alla ricerca o alla vedetta del penny. Mentre il padrone lavora ad aggiustare reti da pescare, il bracco dal mantello arruffato, corre incontro ai pedestri che non puzzino di miseria, dimena loro la coda, guaisce di gioia gettandosi, come un pazzerello, sulle zampe, senza mai abbandonare o dar passo libero a chi deve pagare il tributo all'indigente. Il penny lo abbocca colla precisione del saltimbanco e lo porta allo sventurato colla compiacenza della madre che ha trovato un po' di pane pei figli.

Buon cane, va! Tu sei migliore degli uomini! Tu mi dai la nota che mi tempra lo sdegno. Ma appena ti ho voltate le spalle il mio pensiero si riaccende.

Oh via! Una società infestata dalle locuste dell'accattonaggio che si permette l'orgia, una società che obbliga i senzagambe, i senzaocchi, i senzabracci, i nani, gli sciancati, i rachitici, i deturpati a stendere sul selciato tutto ciò che è della crociera degli ospizi per intenerire la gente a far loro l'elemosina, è una società fracida, senza cuore, senza cervello. È una società che va demolita.

Zappatori sociali! Mano all'ascia, ai picconi e addosso! Se non avete coraggio eccovi qua e delle bimbe cieche, dei ragazzi ciechi, delle figlie sulle grucce, dei figli che vanno via carponi stendendo la mano.

- Fate la carità...

Ecco delle altre fanciulle, degli altri giovinetti sparuti che conducono per mano i loro genitori questuando col cartello della rassegnazione.

- Mio padre è cieco.

- Mia madre è cieca.

Zappatori sociali! Su! Mano agli arnesi. Addosso! Dateci la demolizione!




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