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Paolo Valera Mussolini IntraText CT - Lettura del testo |
Bastava un'aspirazione nell'aria. La si sentiva. Forse era con noi. La si fiutava. La si odorava nelle parole dei discorsi. Si parlava di regime. Bisognava stornirlo. Avrei voluto una pioggia torrenziale di esecrazioni che mi impedisse di ascoltare. Si sussurrava di insurrezioni. Sembravamo in una specie di febbraio in Francia, ai tempi di Luigi Filippo. Dove si andava? Con tanta calma la repressione non sarebbe avvenuta in questi giorni. La si sarebbe fatta finire con lo Stato che si serviva ancora del sistema di nascondere alla nazione quello che avveniva. Era ora di finirla con questi Stati trappola. Erano passati otto mesi senza che si sapesse dove diavolo si andava. La sollevazione non era apparsa, ma non poteva essere lontana. Domani poteva essere sulle piazze ad agitare e commuovere. Vedevo i questurini, gli agenti e i soldati sparsi un po' dappertutto. Non vi si sentiva l'ammutinamento dei soliti ambienti rivoluzionari. Non c'erano ancora parole fiere, decisive. C'erano frotte di giovani pronti a prendere il fucile. Mancava una voce. Chi sa? Non se ne vedeva il colore. Non se ne indovinava il motivo. A che tendevano? Forse a salvare il trono, il re, il Presidente dei ministri: tutta roba gloriosa e antirivoluzionaria che ci avrebbe lasciati tranquilli. È quasi sera e sono ancora in piedi le bandiere dell'ordine. Che cosa si "lavora"? Badate che non avvenga il contrario. È avvenuto così anche nel 1830. Truppe e guardie regionali finiranno sempre per scindersi. I loro interessi sono diversi. Per spazzar via Giovanni Giolitti sarebbe stato necessario di adottare il sistema della baionetta in canna. Abbasso Giolitti! Tutti ne parlano male. Gabriele D'Annunzio gli ha rovesciato addosso quintali di sudicerie. Mussolini ha il suo giornale pieno di melma per Giolitti. Altri, altra pestilenza letteraria. La borghesia pareva e non pareva. Non la si capiva. Corridoni era già un altro individuo. Non aveva più paura delle guardie di S. Fedele. C'erano altri ordini. Allora? Avevano dovuto incominciare le ostilità. Mussolini lavorava ancora la "corona". Gli pareva che la dinastia costasse troppo per quello che dava. Era una dinastia parassitaria. Bisognava licenziarla. A poco a poco era necessario insegnare ai cittadini la via d'uscita. Fino a quando saremmo stati sottoposti a un personaggio coronato, noi ci saremmo sempre trovati a tu per tu con una guerra civile. È la storia incominciata con il primo uomo. Lo spirito della resistenza era dovunque. Le minacce incominciarono a triplicare. Io seguo quello che scriveva il direttore del Popolo d'Italia nel 1915. Colpi di mitraglia, colpi di proiettili. Era una devastazione che poteva essere minacciata, preparata, scatenata.
"La neutralità è — senza dubbio — il regime perfetto per abbrutire i popoli. Eppure, malgrado il pessimismo che ci soffoca, noi ci rifiutiamo ostinatamente di credere che il «sacro egoismo» debba inchiodare per sempre l'Italia alla gogna della neutralità." Diceva Mussolini, terminando il periodo. "Ma intanto chi sa nulla? Il re, e bisogna metterlo seriamente in discussione, non ha saputo — in otto mesi — che mandare uno dei soliti telegrammi al sindaco di Roma, per l'anniversario del XX Settembre. E niente altro. Molti monarchici cominciano a chiedersi se valga la pena di pagare con sedici milioni in oro un re che non sa assumere — nemmeno nei momenti tragici della storia — un atteggiamento che non sia casalingo e filisteo. Se è necessario di avere semplicemente un Capo dello Stato allora si può scegliere meglio e spendere meno. A un re borghese, io preferisco un Motta qualunque (presidente) di una qualunque Svizzera.
"Questa incapacità organica dei Savoia a vibrare coll'anima della nazione, questa loro deficienza dinanzi allo svolgersi degli avvenimenti, è documentata, pagina per pagina, in tutta la storia del nostro Risorgimento. Quando Vittorio Emanuele II — il meno peggio di tutti, perchè aveva almeno delle capacità «fisiche» di soldato — entrò in Roma, uscì in questa famosa e banale esclamazione in dialetto piemontese: Finalmente i suma. Il «Ci siamo e ci resteremo!» è un'invenzione successiva dei cronisti monarchici. Il nipote del «padre della patria» che cosa pensa, che cosa vuole? Pensa e vuole qualche cosa e pensa e vuole soltanto attraverso il cervello di Giovanni Giolitti? Non chiediamo che Sua Maestà ci accordi un'intervista per farci conoscere il suo punto di vista, ma noi troviamo, e con noi moltissimi cittadini, che questo suo ossequio al costituzionalismo è troppo frigido ed eccessivo. È quindi molto naturale e legittimo che i cittadini comincino a discutere anche la persona del re, dal momento che a lui tocca di dichiarare la guerra. Ma Vittorio Emanuele III fa il re costituzionale e tace.
"Questo monito solenne parte da Milano e ciò accresce la sua significazione. Milano non è mai stata monarchica o lealista. L'anima profonda di Milano è repubblicana. Per sentire che la Monarchia dei Savoia, è «straniera» in Italia, non bisogna vivere a Torino — dinastica, giolittiana, cooperativistica, e quindi, per tutte e tre le cose insieme, sconciamente neutrale — e nemmeno a Roma, dove esiste un «lealismo» degli impiegati che trova le sue ragioni supreme nel fatidico ventisette del mese: bisogna vivere e conoscere Milano. La Monarchia ha «diffidato» sempre di Milano, di questo grande Comune che non ha mai rinunciato definitivamente alle sue velleità antidinastiche. È Milano che nel 1896 spezza il sogno imperialistico di Umberto I. La Monarchia si vendica due anni dopo, colla strage preordinata di Bava Beccaris. Ma non passano due anni e il re che aveva conferito al generale e di motu proprio il gran cordone dell'Annunziata cade alle porte di Milano. Questa successione di eventi, farebbe credere che una intelligenza superiore e misteriosa presiede alle vicende umane. Arturo Labriola, in alcune pagine molto interessanti della sua Storia di dieci anni, ha esaminato e lumeggiato questo aspro dissidio fra la Monarchia e Milano, dissidio che trova la sua espressione sanguinosa nel maggio del 1898. Dal '900 ad oggi, il dissidio non si è forse acutizzato ma permane. L'ordine del giorno della Lega Nazionale lo rivela e lo consacra in un'affermazione antidinastica e decisamente repubblicana, tanto più notevole, in quanto pochissimi dei votanti militano nelle file ufficiali del partito repubblicano.
"Ho già detto altra volta e precisamente sulla nota di commento alla grande manifestazione interventista del Teatro Lirico, che il regime perdurante della neutralità «scopre» sempre più le istituzioni e la Corona. La neutralità dirada le file già scarse dei fedeli della Monarchia. Ci sono ancora i «liberali nazionali» che gridano: viva il re! ma la voce è fessa e si perde nel gelido deserto dell'indifferenza universale. Questo lealismo dei liberali nazionali è in fondo assai... commovente, ma deve essere — speriamo — condizionato alla certezza che la monarchia farà la guerra, altrimenti anche Giovanni Borelli — il leader — diventerà repubblicano. All'infuori di questo nucleo di rispettabili persone, la cui influenza sulla vita nazionale è limitata, non c'è più un cane che gratifichi di qualche rispetto le istituzioni politiche dominanti.
"Ho sul tavolo pacchi di articoli di monarchici che la neutralità sabauda ha convertiti al berretto frigio. Sondate il grosso pubblico e vedrete che le azioni del «bene inseparabile» sono ormai al disotto di zero. È la regina Elena che riscuote ancora qualche simpatia perché è prolifica ed è una montenegrina, figlia cioè di un popolo e di un re che combattono e come! ma quanto al Numismatico nessuno verserebbe una più o meno furtiva lacrima qualora gli piacesse di abdicare — come si vocifera da qualche tempo — o di andarsene in qualche fazenda dell'America del Sud.
"Il disgusto dei monarchici è perfettamente comprensibile. Un re ha un senso, una funzione, una storia, se sa essere — quando gli eventi lo richiedano — un re guerriero. Pensate agli entusiasmi che suscita re Alberto anche fra i repubblicani e all'indifferenza che avvolge anche fra i monarchici re Vittorio di Savoia. Confronto... odioso, ma eloquente. Il «re neutrale», in una grande nazione è una superfluità, un non senso, un motivo di ridicolo permanente e di mortificazione. Il Paese finisce per «riscattare» la sua dignità provocando uno «di quei profondi sconvolgimenti politici» cui allude la Lega Nazionale.
"La situazione — insomma — è questa. Se la monarchia è capace di fare la guerra, la grande guerra contro gli Imperi Centrali, tutto il Paese — dimenticando le divisioni — si stringerà attorno al Governo, perché solo a tal prezzo è conseguibile la vittoria. Si verificherà anche in Italia il fenomeno dell'«Unione sacra» di Francia. Temporanea, si capisce! Noi chiederemo — senza tanti gesti o frasi — un posto alle trincee ed un fucile. Obbediremo. Moriremo senza esitazioni e senza rimpianti. Incamminandosi audacemente su questa strada, i Ministri responsabili salvaguarderanno, almeno per un certo tempo, le sorti della Monarchia. Tutte le altre strade, tutte le altre soluzioni, condurranno, Paese e Monarchia, di fronte, in un'antitesi irriducibile che avrà un epilogo fatalmente insurrezionale con obbiettivi repubblicani.
"Se la monarchia resterà neutrale accontentandosi dei modesti lucri territoriali che le forniranno coi loro insidiosi mercati i suoi diplomatici o, se la monarchia farà una guerra obliqua, antiaustriaca, ma non antigermanica, è facile ed onesto prevedere che il «disagio morale» dovunque diffuso — e dovunque sempre più acutamente avvertito — condurrà elementi disparati a una risoluzione unica e decisiva.
"La Nazione insorgerà contro il tradimento e la Monarchia avrà — nelle more della neutralità — tessuto il suo lenzuolo funebre.
"«Eravamo dodici repubblicani a Parigi nel 1789!» — esclamava Camillo Desmoulins. — E dopo tre anni la venerabile dinastia dei Capetingi cadeva sotto la ghigliottina. I repubblicani in Italia sono pochi, quantunque siano più di «dodici», ma se la monarchia sarà ancora una volta inferiore al suo compito, un bel giorno l'Italia intera, griderà, da Milano a Palermo, una sola irresistibile parola: Repubblica!"